“Non mi stupirei se scoprissi che nell’elettorato leghista ci fosse anche una componente mafiosa. La mafia ha tutto da guadagnare nella scelta separatista, perché favorirebbe il controllo delle regioni meridionali”. Non lascia spazio a interpretazioni l’affermazione di Vincenzo Macrì, ex procuratore aggiunto Antimafia, oggi procuratore generale della Corte di Appello di Ancona, ospite della trasmissione di Klaus Davi su youtube “KlausCondicio”. Il magistrato ha ricordato che Leonardo Messina, collaboratore di giustizia siciliano, disse senza mezzi termini in Commissione antimafia: “Noi cerchiamo il separatismo del Sud dal resto del Paese, così la mafia si fa Stato”.
Una presa di posizione, quella del pm, che non poteva non scatenare la reazione leghista. Che infatti non ha tardato ad arrivare. “La Lega votata dai boss? Il procuratore Vincenzo Macrì questa estate ha preso troppo sole”, ha detto l’europarlamentare leghista Mario Borghezio, che ha aggiunto: “Al contrario di quanto afferma Macrì, proprio l’unitarietà dello stato italiano ha favorito la mafia”. Borghezio si tuffa in un excursus storico ricordando che “la Repubblica è nata grazie all’arrivo e alla liberazione degli americani, che al loro seguito avevano i boss mafiosi che qualcuno era riuscito a mandare in esilio fuori dal paese”. L’unità, sostiene l’europarlamentare padano, ha rappresentato un formidabile terreno di cultura per lo sviluppo dell’impresa mafiosa”. E, difendendosi ancora dalle accuse lanciate dal procuratore, afferma che “il miglior antidoto alla mafia è stata proprio la Lega e sempre lo sarà: se un giorno, spero prestissimo, riusciremo a creare la Padania indipendente, quel poco che riusciremo a fare contro la mafia sarà certamente più di quello che ha fatto l’Italia unita”.
Le parole del magistrato mandano su tutte le furie anche il leghista Raffaele Volpi, che chiede un immediato intervento del Consiglio superiore della magistratura “affinché intervenga a censurare un simile comportamento vergognoso” e a stigmatizzare parole che definisce “inqualificabili, vergognose”. Volpi auspica anche un intervento del Capo dello Stato affinché “smentisca un pensiero che siamo certi non possa e debba essere considerato di tutta la Magistratura, sarebbe aberrante”.
Ma non sono queste le uniche sortite del magistrato a sollevare polemiche tra le fila della maggioranza. Sempre nel corso della trasmissione, infatti, Macrì ha espresso anche una posizione dichiaratamente antiproibizionista sul tema delle droghe. “Ormai e’ acclarato che il proibizionismo è criminogeno e non è servito a combattere il business della ‘Ndrangheta, che è cresciuto a dismisura. Questa strada non ci porta da nessuna parte”. Per questo, ha continuato, “dobbiamo rompere il tabù e valutare la liberalizzazione di tutte le droghe, anche quelle pesanti”.
La posizione del magistrato è, come lui stesso non ha difficoltà ad ammettere, più radicale di quella che ha ispirato la legislazione vigente a Zurigo in Olanda, dove sono legali solo le droghe leggere: “Bisogna affrontare il problema a livello internazionale, perché sul piano locale non serve, e fare scelte più coraggiose”, ha detto. Del resto l’ultimo rapporto annuale di Eurispes, citato dal magistrato, evidenzia che nel 2010 il giro d’affari delle mafie italiane è di circa 180 miliardi di euro. E il 60% circa è costituito dai proventi del traffico di droga. Una percentuale che negli ultimi anni è progressivamente salita.
Le parole di Macrì sono bollate come “una follia” dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi che si dichiara “terrorizzato” dal fatto che “magistrati in servizio pensino di combattere la ‘ndragheta favorendo la libera diffusione di quel killer micidiale che è la droga per chi la consuma e per chi ne subisce gli effetti, basti pensare agli incidenti stradali”. Giovanardi poi attacca direttamente il magistrato, accusandolo di parlare “citando numeri a casaccio totalmente infondati” e di “condire il tutto con stravaganti affermazioni sulla Lega e sui Servizi”.
Sulla questione sostanze stupefacenti arriva anche la dura reazione del capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri: “Evidentemente il dottor Macrì non ha mai avuto contatti con tossicodipendenti né con le loro famiglie”, perché in questo caso, ha detto, “avrebbe assunto un atteggiamento ben diverso e si sarebbe guardato bene dal dire con tanta facilità che la liberalizzazione delle droghe può essere una soluzione per combattere la ‘ndrangheta”. Il rappresentante dei senatori del Pdl aggiunge che da un componente del corpo della magistratura “ci si sarebbe aspettati ben altro rigore. Mafia, ‘ndrangheta e camorra non si combattono con il lassismo ma con la fermezza. E per un procuratore antimafia queste tesi sono da brividi”.