Solbiate Arno, provincia di Varese.  È l’alba quando gli operai iniziano il primo turno di lavoro. Peter pedala veloce sulla sua bicicletta quando lo accosta un motorino guidato da un uomo che indossa un casco integrale. Lo sconosciuto gli fa cenno di fermarsi e da sotto il casco chiede: “Di dove sei?”. “Del Ghana gli risponde Peter. Poi una seconda domanda prima che l’uomo con il casco smetta di parlare, scenda dal motorino, sferzi un calcio alla bici, imbracci un bastone e inizi a picchiare l’immigrato. La strada è poco illuminata; la vittima, sanguinante e terrorizzata riesce ad alzarsi da terra  e correre verso alcuni compagni di lavoro che stanno aspettando davanti al cancello della fabbrica.

“Se Peter non fosse riuscito a reagire, quello l’avrebbe ammazzato di botte” racconta Abdul Rahamanil, collega e delegato sindacale dell’azienda, tra quelli che hanno prestato soccorso, mentre altri hanno tentato di inseguire l’aggressore che però è riuscito a scappare nella penombra dell’alba di Solbiate e le sue “forge” in cui lavorano per lo più stranieri. Nessun italiano, fino ad oggi, avrebbe voluto passare tante ore al pesante e rumoroso tornio. Impensabile poi resistere alle infernali bocche dei  forni. Ma la crisi economica ha stravolto le regole, così gli occupati sono rimasti proprio quelli dei forni: come Peter, che ha 40 anni e da cinque vive  ad Albizzate assieme alla famiglia.

“Siamo molto preoccupati – denuncia Angelo Re della Fim Cisl di Varese –. Da queste parti, oltre al grave malessere per la profonda crisi  economica, bisogna fare i conti con quelli della Lega che seminano odio e razzismo accusando gli stranieri di rubare occasioni di lavoro. L’aggressione a Peter è il frutto di tutto ciò”.

Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2011

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