Tutti s’interrogano sulla fine che farà Muammar Gheddafi, qualora riesca a non cadere nelle grinfie dei ribelli e fugga all’estero. Sì, ma quale estero?
Se non finisce in pasto ai rivoluzionari, chi gli darà asilo politico? Tra i pochissimi paesi disposti a giocarsi la faccia in cambio di una vagonata di petrodollari, ci sarebbero la Bosnia, la Serbia e la Croazia. Strano? Non così tanto.
Il feeling tra il rais e l’ex Jugoslavia non è dell’ultima ora. Già negli anni ’60 Gheddafi fu tra i primi ad aderire al piano visionario di Tito, quello di creare un “impero” restando fuori dalle grinfie dell’orso russo e dell’aquila americana, i “non allineati”, si chiamavano.
Con tanto petrolio sotto i piedi è facile farsi tanti amici. Soprattutto se si hanno le stesse “idee” in fatto di democrazia. Tra i tanti amici di Gheddafi, c’è l’ex presidente croato Stjepan Mesić, la cui campagna elettorale è stata finanziata dallo stesso dittatore libico. In un’intervista dello scorso aprile a Tomislav Jakić, suo ex consigliere, pubblicata dal quotidiano croato Večernji List, si racconta di come Mesić abbia fatto bene a ritirare certe sue dichiarazioni, prima rilasciate, e poi – mentre la situazione in Libia precipitava – bloccate dallo stesso ex- presidente. Il giornale non ha rinunciato allo scoop e l’ha pubblicata lo stesso, ma solo on line. Nel pezzo di febbraio Mesić si riferiva al “grande fratello” Gheddafi e alla possibilità di un asilo proprio in Serbia o in Croazia: gli ex compagni non glielo negherebbero di certo.
È di queste ore l’ultimo messaggio registrato di Gheddafi arrivato alla televisione serba Pink: “Amo tutto il popolo della ex Jugoslavia”. Insomma, dichiarazioni d’amore reciproche, seppur in differita!
Un solo problema: Zagabria e Belgrado, se vogliono entrare a fare parte dell’Unione Europea (e lo vogliono!), dovrebbero adeguarsi alle direttive comunitarie, ma al pronto cash di Gheddafi sarebbe difficile dire no.
Niente Tunisia, dunque, per l’esilio e il Venezuela è troppo lontano. Tra l’altro il suo amico e partner d’affari Chávez non sta bene e non ha tempo da dedicargli. Gheddafi ha in mente qualcosa di più vicino, nonché… famigliare.
Poco si sa della seconda moglie Sofija Farkas, nativa di Mostar, enclave musulmana in Bosnia — tristemente nota per i bagni di sangue durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia. Sofija (Safija) è la madre di otto suoi figli, sette maschi e una femmina, l’ha conosciuta negli anni ’60 durante il suo addestramento militare all’Accademia aeronautica di Mostar.
Così, da queste parti, a Jablanac, un porticciolo della frastagliata costa croata, dove d’inverno vivono 57 anime – e il patron dell’unico albergo, il tre stelle Lux, Mijo Anic, in un’altra vita, faceva il ministro della Difesa in Bosnia durante la guerra – nessuno si stupisce che Gheddafi voglia piantare la sua tenda beduina all’ombra dei minareti di Mostar.
È solo una questione di soldi, quanti milioni di dollari gli costerà garantire per lui e per la sua famiglia un esilio dorato tra mari e monti?
Gheddafi ha sempre avuto una certa simpatia per gli slavi. Tito era sovente suo ospite: fotografie incorniciate con la numerosa prole abbracciata all’ex dittatore sono state rinvenute pochi giorni fa in una delle sue residenze. Si vede che il sistema nazional-popolare-socialista lo affascinava e cercava di applicarlo con opinabili risultati alla sua Jamahiria, nome da lui imposto alla Libia.
Amicizia ricambiata, vista anche la passione del dittatore per il continente africano, tale da farsi spedire zebre e antilopi per popolare il parco della sua allora privata isola di Brioni.
Intanto un altro quotidiano locale, lo Slobodna Dalmacija, avanza la più che fantasiosa ipotesi che sia lo stesso Berlusconi a concedere il transito a Gheddafi, avendo rinnovato con lui di recente un pacchetto di accordi italo-libici sull’energia. Staremo a vedere se il nuovo governo di liberazione nazionale rispetterà il trattato bilaterale fra i due stati sovrani dello scorso anno o no. Frattini giura di sì.
La fonte di chi scrive è Boris Ercegovic, già agente dei servizi segreti durante l’ultima guerra, oggi boss di Aservo d.o.o., agenzia di consulenza sulla sicurezza militare.
di Januaria Piromallo (da Jablanac, Croazia)