Non ce l’hanno fatta Lucia e Rebecca, le gemelline siamesi unite per il torace e l’addome nate con unico cuore e un fegato fuso a fine giugno al policlinico S. Orsola di Bologna. L’estrema gravità delle loro condizioni è stata certificata dal bollettino emesso ieri sera, quando i medici hanno sottolineato il “progressivo ed incalzante quadro di aggravamento delle condizioni generali, con modesta risposta ai trattamenti”. Condizioni precarie che non lasciavano spazio ad ulteriori atti terapeutici, “che – spiegavano i medici – si mantengono protettivi e proporzionati alla risposta clinica”. E, soprattutto, gli accertamenti diagnostici eseguiti durante la degenza “hanno mostrato progressivamente le difficoltà di un intervento di separazione”, a causa di “malformazioni particolarmente complesse di molteplici organi e apparati”.
Le condizioni delle piccine si erano aggravate una prima volta il 29 luglio, soprattutto per la funzione ventilatoria, “con difficoltà a mantenere un equilibrio degli scambi gassosi e del metabolismo”, come spiegava un imprevisto bollettino sanitario. I medici avevano dovuto potenziare già da alcuni giorni le cure intensive, per garantire il mantenimento delle funzioni vitali: in un primo momento il sostegno era risultato efficace, poi la situazione si era aggravata. Nel successivo bollettino del primo agosto, però, la situazione clinica era stata definita “sostanzialmente recuperata, pur richiedendo continui aggiustamenti terapeutici guidati dal monitoraggio emodinamico, respiratorio e metabolico”. Una settimana dopo, nuovo bollettino: condizioni serie ma stazionarie, con “continui e complessi aggiustamenti terapeutici” e il mantenimento di “un fragile equilibrio cardiocircolatorio e respiratorio”.
Un altro bollettino, il 23 agosto, non aveva lasciato spazio a molte speranze, anzi, a fronte di uno stato di salute sempre più precario si erano resi necessari numerosi trattamenti molto complessi: “La condizione di vita comune delle gemelle, attualmente ritenuta l’unica percorribile – scriveva il Policlinico – evidenzia frequentemente eventi che vengono di volta in volta affrontati dai professionisti della rianimazione pediatrica incrementando i livelli di cura”. Nuove note positive, invece, una settimana dopo: al compimento del secondo mese di vita, le gemelline erano cresciute, si muovevano spontaneamente – con le limitazioni della loro condizione – e mostravano “qualche attenzione per l’ambiente circostante”.
Le gemelline già nei primi giorni di vita erano state operate all’intestino dal chirurgo Mario Lima, che aveva inserito una patch sintetica per chiudere l’addome ed evitare un rigonfiamento che potesse comprimere i minuscoli polmoni. L’obiettivo era quello di agire sulla malformazione del cuore e stabilizzare le funzioni respiratorie, per guadagnare tempo, farle crescere il più possibile, aumentare il peso (2,5 kg alla nascita, premature alla 30/a settimana) e così le poche probabilità di salvezza per una delle due. Questa è stata la strada suggerita dal comitato di bioetica dell’università di Bologna e condivisa dal comitato etico indipendente, oltre che dai medici.
A favore dell’intervento per la divisione si era espresso monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione: “Si deve prendere in considerazione il fatto che ambedue le gemelle potrebbero morire per la situazione precaria in cui si trovano. In questo caso il tentativo medico di intervento per salvare almeno una vita sarebbe lecito. Ogni sforzo per salvarne almeno una è da noi considerato come un atto di amore a favore della vita”. Una posizione condivisa dall’Arcidiocesi guidata dal card.Carlo Caffarra: “Nel caso estremo e drammatico di pericolo di vita per entrambe, se non ci saranno alternative possibili sarà sostenibile l’intervento di separazione, perché questo avrà il solo scopo di salvaguardare la vita di una gemella”.
I genitori, una coppia del Ravennate con altri due bimbi in tenera età, avevano già saputo dopo un’ecografia che le figliolette erano unite, ma avevano comunque deciso di portare a termine la gravidanza. “Hanno fatto una scelta consapevole, con un coraggio da leoni”, aveva commentato il professor Lima. “Un caso estremamente complesso e delicato”, lo aveva subito definito il direttore sanitario del Policlinico, Mario Cavalli. Lucia e Rebecca sono state adottate e assistite 24 ore su 24 da medici e infermieri, con tutte le terapie possibili per garantire le funzioni vitali, fino all’ultimo, fatale aggravamento.