Scarpe, bottiglie di plastica, lattine e… una lavatrice. L’estate è finita e si lascia dietro un mare che assomiglia a un cassonetto. All’Isola del Giglio ci aspettavamo di esplorare le bellezze sommerse dei fondali e, invece, abbiamo fotografato rifiuti di vario genere. Di chi sono? Troppo spesso sotto la superficie del mare si nasconde ciò che non vogliamo vedere: spazzatura, sostanze inquinanti, fondali distrutti dalla pesca e da attività ricreative ben poco rispettose dell’ambiente.

Le immersioni sono state fatte dai volontari di Greenpeace insieme al Diving Isola del Giglio lunedì scorso a Cala Cupa e alle secche di Zannea. I rifiuti sono stati portati in spiaggia per essere contati e poi differenziati con l’aiuto del Comune dell’isola. L’isola del Giglio è uno dei siti più importanti per immersioni in Italia. Praterie di posidonia, meravigliose gorgonie e coloratissime spugne rendono la zona un vero e proprio patrimonio naturale.

Purtroppo abbiamo documentato zone con gorgonie spezzate e chiari segni di degrado legato ad ancoraggi impropri. Un danno ambientale che potrebbe essere evitato con il posizionamento di boe per l’ancoraggio e il controllo delle imbarcazioni turistiche nelle aree di maggior valore ecologico.

Eppure quest’isola si trova nell’area protetta del Santuario dei cetacei, un triangolo di mare compreso tra la Liguria e la Costa Azzurra, e tutt’intorno alla Corsica che ha una ricchezza incredibile di vita: balenottere comuni ma anche capodogli, zifii, globicefali, stenelle e tante altre specie animali.

Il prossimo mese saranno passati dieci anni dalla legge con cui l’Italia sanciva la creazione del Santuario dei Cetacei ma qui non c’è nessuna regola specifica contro l’inquinamento, nessuna misura per limitare il traffico marittimo nelle zone più sensibili o controlli per evitare l’abbandono di rifiuti dalle imbarcazioni come previsto dalla normativa internazionale.

Nessuna sorpresa, quindi, se anche al largo dell’isola si vedono sempre meno delfini, mentre il degrado dell’ecosistema marino aumenta. È ora che il Ministero dell’Ambiente, insieme alle Regioni che si affacciano sull’area, mettano in atto un preciso piano di gestione per tutelare l’ambiente e gli interessi delle comunità locali – come quella del Giglio – la cui economia si basa sul patrimonio naturale.

Foto di Greenpeace, clicca qui per ingrandire

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