Novanta miliardi di euro già spesi. Altri venti ancora da buttare via. Una colossale truffa o, nella migliore delle ipotesi, un gigantesco sperpero di denaro pubblico. Quello che sta avvenendo con la costruzione della nuova ferrovia ad alta velocità (o alta capacità, secondo il recente ipocrita eufemismo) Torino-Lione non è un inedito, ma la replica di ciò che conosciamo perché è già avvenuto con le linee costruite finora. Il piano per l’alta velocità da Torino a Trieste e da Milano a Napoli fu varato nel 1991, con un costo annunciato di 14 miliardi di euro, per la maggior parte a carico dei privati. Il costo calcolato oggi è di 90 miliardi di euro tutto a carico dello Stato. Sei volte tanto. La Torino-Lione è stata varata nel 2003 con un costo annunciato, per la sola parte italiana, di 2,3 miliardi. Nel 2010 il preventivo è stato aggiornato a 8 miliardi di euro. Il che significa che, sulla base dell’esperienza, il conto finale potrebbe salire fino a una ventina di miliardi. Per una ferrovia di cui nessuno è in grado di argomentare l’utilità. Stiamo parlando in tutto di 110 miliardi di euro.
La minuziosa e preziosa ricostruzione non solo delle cifre, ma anche dei misteriosi passaggi politici e affaristici che da un quarto di secolo consentono la più grande rapina mai vista alle casse dello Stato, è stata fatta da Ivan Cicconi in “Il libro nero dell’Alta velocità”, che da oggi i lettori del Fatto potranno scaricare in anteprima. Sette capitoli, sette stazioni di una via crucis che inizia negli anni ’80 (clicca qui per leggere il primo capitolo “La madre di tutte le bugie”). Un affare talmente ben strutturato da attraversare senza danni apparenti la stagione di Mani Pulite e da resistere al crollo della Prima repubblica per diventare un’architrave della Seconda. Eppure gli esiti nefasti erano già noti fin dall’inizio, come dimostra una lettera di 18 anni fa che Cicconi rivela.
L’importanza di questa vicenda non risiede solo nelle dimensioni. E’ una storia esemplare e quindi istruttiva. E’ esemplare di come gli interessi dei costruttori riescano a imporsi sulla politica e a oscurare qualsiasi dubbio sulla congruità dei costi e sulla stessa utilità dell’opera. Scrive Cicconi sulla Val di Susa: “Secondo le valutazioni ufficiali di FS l’attuale infrastruttura può garantire un traffico di merci fino a 32 milioni di tonnellate, nel 2003 si prevedeva il raggiungimento di questo volume nel 2015. Dal 2003 al 2010 il volume di traffico non solo non è aumentato ma è addirittura diminuito del 72 per cento. Nel 2010 sono transitate 2,4 milioni di tonnellate di merci, il 7,5% della potenzialità consentita dalla linea storica”.
Ancora più impressionante la ricostruzione di come entra in partita la tratta Milano-Genova, ferma sulla carta da vent’anni, ma sempre pronta a partire. All’origine c’è il consorzio Cociv, che nel decisivo 1991 faceva capo alla Montedison: “Un’autorevole testimonianza in tal senso – scrive Cicconi – ci verrà fornita da Sergio Cusani molti anni dopo. Invitato in Val di Susa nel 2006 a portare la sua testimonianza sull’affare Alta velocità ai tempi di Tangentopoli, racconterà che la spartizione delle sei tratte, fra FIAT, ENI ed IRI, con la cooptazione delle imprese private e cooperative, aveva mandato su tutte le furie il Gruppo Ferruzzi che, reduce come ENI dall’affare EniMont, non poteva tollerare di restare fuori dall’affare del secolo, definito e spartito a tavolino”. In poche settimane la Milano-Genova venne aggiunta al progetto.
E’ così che vent’anni fa un gruppo di persone organizzò il debito futuro a carico della generazione successiva. E’ così che oggi i profeti della Tav in Val di Susa stanno preparando un nuovo debito pazzesco per i loro (e nostri figli). Il segreto di questi affari è che quando si scopre l’imbroglio è troppo tardi per prendersela con chi l’ha fatto, perché nel frattempo è morto o fuorigioco. Il libro di Cicconi rievoca a questo proposito la preziosa e profetica testimonianza di Luigi Preti, padre costituente, uno dei massimi leader socialdemocratici, più volte ministro, anche dei Trasporti. morto nel 2009 a 95 anni. Il 13 febbraio 1993, già fuori dai giochi, ma ancora tenacemente interessato alla cosa pubblica, Preti scrive una lunga e profetica lettera al ministro del Bilancio Franco Reviglio. Il libro di Cicconi la riporta integralmente. Ma basta rileggerne qualche passo per capire che, quando sono in ballo grandi investimenti di denaro pubblico, vigilanza e lungimiranza non bastano mai.
Ecco qualche anticipazione del documento:
“Comincio col dirti che non è in nessuna maniera accettabile la tesi che l’Alta velocità sarebbe “un sostegno allo sviluppo e all’occupazione” nonché “uno strumento utilizzabile per ridare ossigeno all’industria nazionale”. Se si tratta di aiutare la FIAT, l’IRI e l’ENI – che sono i general contractor – per fare guadagnare ad essi qualcosa, può esser compreso da alcuno, ma non da me. L’industria non si sviluppa con questi lavori di costruzione, ma con imprese destinate a durare. D’altro lato, dieci o quindicimila persone eventualmente impegnate per alcuni anni nei lavori dell’Alta velocità sono ben piccola cosa sul fronte dell’occupazione. Senza contare che altri lavori, intesi a mettere a posto tante linee ferroviarie in pessime condizioni già esistenti, darebbero almeno lo stesso risultato.:
“La delibera del 9 dicembre ‘92 del Bilancio, del Tesoro e dei Trasporti, della quale tu mi invii copia, stabilisce che lo Stato (ossia le Ferrovie) non dovrà pagare di interessi più di 5.500 miliardi per l’intera costruzione della tratta Torino-Milano-Napoli. Gli eventuali superi dovrebbero essere pagati dalla TAV con i proventi della gestione. Ciò mi pare assurdo, perché non esistono ferrovie attive in nessun Paese del mondo”:
“Si dice che la TAV, inventata da Necci (Lorenzo Necci, amministratore delegato delle Fs dal 1990 al 1996, quando si dimise in seguito a un arresto, n.d.r.), avrebbe il pregio di coinvolgere i privati nella Società. Questo è assurdo, perché io ho l’elenco nominativo degli Enti o Società che dovrebbero sottoscrivere una parte delle azioni, ma questi sono quasi tutti pubblici, a partire dalla Banca Commerciale, dal Credito Italiano, dalla Banca Nazionale del Lavoro, dalla Banca delle Comunicazioni. Il cosiddetto capitale privato non arriva nemmeno al 10%, e dubito molto che venga immediatamente sottoscritto con effettiva disponibilità di denaro. Ho visto che tra i privati ci sarebbe la Fondiaria. Ma non credo che il Gruppo Ferruzzi, il quale oggi la controlla, sia in grado o comunque sia disposto a sborsare denari. La verità è che questa è solo una montatura di Necci per convincere il governo di una “grande novità”, che in realtà non esiste. Tutto sarà pagato dal Tesoro dello Stato, se l’operazione si dovesse fare”.
“Nel documento si dice che il prezzo forfettario per le nuove tratte non potrà in nessun modo cambiare e i general contrctors dovranno consegnare “chiavi in mano” nei tempi previsti. Sono matematicamente sicuro che i general contractor troveranno il modo di farsi pagare di più, indipendentemente dalla scusa degli scavi archeologici. Poiché l’ENI e l’IRI in quel momento avranno verosimilmente cessato di esistere, coloro che succederanno porranno il problema della maggiorazione delle spese. Per quanto poi riguarda la FIAT, sappiamo benissimo che essa sa facilmente risolvere questi ed altri problemi e lo Stato è sempre verso di essa molto comprensivo”.
“La delibera dice che le tariffe dovranno essere stabilite in base ai proventi del traffico in modo che sia prodotto un reddito sufficiente almeno a coprire il servizio del debito direttamente o indirettamente a carico dello Stato. Mi sembra di essere nel mondo delle nuvole! Prima infatti si dovrebbero costruire le linee ad Alta velocità (con tutti i costosissimi annessi), e poi successivamente la TAV dovrebbe mettere tariffe tali da coprire il servizio del debito dello Stato. Questo è impossibilissimo. Quando io sarò morto e tu, Necci, Tesini e Barucci sarete vecchi, colui che presiederà al momento la TAV dirà che non è umanamente possibile fare ciò che il documento prevede. Così come io ho sempre detto, pagherà tutto lo Stato dei nostri figli e nipoti”.