La chiamano generazione 9/11. I ragazzi cresciuti col timore che la luce si possa spegnere, senza nessun preavviso, per mano di un nemico invisibile. Quelli che dieci anni fa erano ragazzini e hanno perso negli attentati la madre, il papà, i nonni, tra il Word Trade Center, il Pentagono e l’aereo United 93. Una generazione mutilata la mattina dell’11 settembre di dieci anni fa. «Soprattutto per i ragazzi di New York, quella tragedia è ormai parte indelebile del loro Dna», teorizza Christy Ferer, moglie dell’ex direttore della Port Authority, Neil D. Levin, morto nel crollo delle Torri. Numerosi studi condotti su scala nazionale negli ultimi 10 anni rivelano un’incidenza di problemi psichici assai maggiore tra gli ex bambini newyorchesi, con punte massime tra quelli che hanno perso un parente nell’attacco.


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