Il messaggio è preciso, e arriva dalla fonte forse più autorevole tra quelle che possono parlare liberamente. Alla fine – mentre la politica italiana si consuma nelle sue circonvoluzioni – a mandare a casa Silvio Berlusconi potrebbe essere il compagno spread. Lo scenario è quello di un governo travolto dalla rivolta dei mercati finanziari. Di un premier al quale il sostegno della maggioranza parlamentare non basta più di fronte alla quotidiana svalutazione dei titoli di Stato, con conseguente impetuoso aumento del costo del debito pubblico: un conto da miliardi di euro, con conseguenti inevitabili nuove manovre sui conti pubblici dopo quella gigantesca approvata oggi alla Camera.
La fonte autorevole si chiama Giuliano Amato, intervistato lunedì sera a “Otto e mezzo” (La7) da Lilli Gruber. Occasione solenne, prima puntata della nuova stagione in cui la conduttrice annuncia di voler dare “spazio ai volti nuovi, che in Italia non sono abbastanza illuminati”. Amato vale l’eccezione alla regola. Braccio destro di Bettino Craxi a palazzo Chigi negli anni ‘80; presidente del Consiglio nel ‘92 designato dallo stesso Craxi dopo che si era visto negare la nomina da Oscar Luigi Scalfaro; presidente dell’Antitrust scelto da Silvio Berlusconi nel 1994; ministro del Tesoro nel governo D’Alema nel ‘99; di nuovo capo del governo nel 2000.
Oggi fa il battitore libero e, benché più giovane di Berlusconi, si dichiara troppo vecchio per nuovi incarichi di governo. Però continua a muoversi. Tra i suoi incarichi attuali c’è quello di senior advisor della Deutsche Bank, cioè di spiegare al gigante bancario tedesco che aria tira in Italia. È la stessa Deutsche Bank che a fine luglio ha venduto di colpo titoli italiani per 7 miliardi di euro, provocando l’ira di Romano Prodi: “Dimostra una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche la Germania”.
Amato è una delle punte di diamante della cosiddetta riserva della Repubblica. È in ottimi rapporti con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. E questo dà alle sue parole un sapore particolare. Richiesto di un’opinione sulla tenuta del governo, ha detto: “Molto dipende da come si comporteranno i mercato nei nostri confronti. Siamo davanti a un rischio molto forte. Che cosa succede se un giorno la Banca centrale europea smette di comprare i nostri titoli e a tenerci sotto questa tenda a ossigeno? E se lo spread partisse verso livelli di 400 o 500? A quel punto può determinarsi una situazione in cui una maggioranza si sbriciola da sola, perché non sa come reagire o perchè risulta trasparente che ha adottato una misura dopo l’altra ma non ha fatto abbastanza…”.
Ieri lo spread è salito sopra quota 400, per poi chiudere la giornata poco sotto. La Bce sta continuando a sostenere i titoli italiani con massicci acquisti, nonostante i malumori tedeschi, che pure Amato conosce molto bene. E tra poche settimane alla guida della banca centrale di Francoforte si insedierà Draghi, che avrà forse qualche imbarazzo in più dell’attuale leader francese Jean Claude Trichet a spiegare ai suoi danti causa tedeschi l’insistenza nello svenare la Bce per sostenere l’Italia.
La logica è ferrea, ed è difficile credere che Amato vada in tv a esibirsi intento a “pensare se stesso pensante”, come il padreterno di Francesco Guccini. Così il messaggio arriva a Berlusconi forte e chiaro: potrebbe essere proprio Draghi, tra poco, volente o nolente, a dare il colpo di freno agli acquisti di titoli della Bce. Quella “maggioranza che si sbriciola da sola” significa alludere a una situazione dei mercati finanziari tale da costringere Berlusconi alle dimissioni senza neppure poter invocare il voto parlamentare. Cioè a un tracollo finanziario in grado di dare micidiale efficacia alla “moral suasion” di Napolitano. Il colpo del ko, sferrato dal compagno spread. “Io sinceramente non me lo auguro”, chiosa Amato. Nel senso che però così si stanno mettendo le cose.
Il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2011