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Pirluigi e ProsiVendola

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Fa tenerezza vedere il Pirlu fuggire dagli incontri con Nichi. Accade un po’ ovunque, agli incontri di Sel e a quelli dell’Idv. Peccato rappresenti il maggior partito di opposizione e coltivi ancora le imminenti speranze elettorali di qualche milionata di italiani. Sembra ormai simbolo perenne del Pd il Fassino di qualche anno fa che sull’orlo delle dimissioni implorava “ditemi vi prego se sono ancora una risorsa”.

Sulla vacua identità dei democratici ormai sono stati scritti fiumi. Che questo determini una penosa oscillazione tra il casinismo e il vendolismo ormai lo sappiamo a memoria. E sappiamo anche quale sarebbe la medicina: scegliere un’identità e trattare con la realtà per imporla. Il problema è chiarissimo: non c’è l’identità laica, egualitaria e legalitaria invocata dai più (Penati indagato e D’Alema omofobo sono solo gli ultimi due episodi della saga\sega) ma ormai è scomparsa anche la realtà. Non hanno più alcuna lontana idea di cosa sia la vita reale e il lavoro.

Tendenzialmente non hanno mai lavorato, in questo ha ragione Silvione. E’ proprio quell’idea di piddì che non ha più motivo di esistere. Semplicemente perché è inefficace e non rappresenta più nessuno. Quella forma-partito deriva da un’idea non laica della rappresentanza. Da dove vengono i tanti “errori” dei vari Penati in tutta Italia? Dal fatto che il partito viene prima dello Stato. Da una sottile, chiesastica sfiducia nei confronti delle istituzioni che devono essere prima circuite che servite. L’affare Milano Serravalle non è buono per la comunità? Non importa, intanto ci finanziamo il partito e magari ci facciamo una banca nostra. Poi una volta preso il potere gli facciamo il c…o a quei ladroni della destra.

Questa forse è una tentazione che ammalia tutti. In fondo “partito” significa proprio interessi di parte. Il problema è che se la democrazia interna ed esterna funzionano c’è un ricambio naturale delle acque scure che causano l’intasamento della fogna. Questa generazione politica di sinistra è incistata da decenni, insieme al porcellum che non si sa ancora se bisogna combatterlo. A volte è quasi sorprendente come non siano più fangosi di quello che sono per quanto hanno rimestato nelle stesse acque. Questo va detto soprattutto per i tanti elettori che ancora si appellano alla ragion di partito e in fondo applaudono ancora l’arguzia sagrestana di D’alema. Quest’estate un anziano sindacalista  toscano mi apostrofava: Bravi voi del Fatto: continuate a dissacrare il partito, vedrete che fine faremo!”. E’ un vero e proprio morbo del passato che ancora contagia tanta brava gente e fa sprecare tante belle energie alle feste dell’unità. Il partito-comunità si può coltivare ugualmente ma per favore mettiamo il pannolone a questi dirigenti malati di parkinson identitario.

Cosa ha in più ProsiVendola? Due fattori fondamentali: una visione un po’ più avanzata della società (lui direbbe una narrattione) e il fatto che è stato più lontano dal potere vero. Certo non ha dato una prova lucente nell’amministrazione della Puglia, ha protetto Tedesco e ha scodellato un paio di prove pubbliche da brivido (Milano ad esempio). Però è almeno un metro più in là. Magari regge poco ma ci fa da stampella per muovere un passo fuori dalla palude. E’ la paura di quel passo che fa arretrare l’amabilissimo Bersani, asciugatore di scogli suo malgrado.

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