Le aule delle scuola italiane scoppiano: record a Milano con una classe con 56 iscritti. Nonostante il ministro Gelmini dica che il fenomeno riguardi solo lo 0,6 per cento del totale, il Condacons ha promosso una class action al Tar del Lazio contro il ministero dell'Istruzione
Nei giorni scorsi il ministro Gelmini ha cercato di gettare acqua sul fuoco affermando le cosiddette classi pollaio rappresentano in Italia solo lo 0,6 per cento del totale. “In base alle legge – ricorda il Codacons – ogni alunno deve godere di uno spazio minimo di 1,80 metri quadri nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, di 1,96 metri quadri nella scuola secondaria di secondo grado. L’altezza minima delle aule deve essere di 3 metri”. Ma chi rispetta questi criteri? Dovrebbero essere i dirigenti scolastici i primi a tenerne conto. Ma la loro responsabilità spesso si scontra con gli uffici scolastici provinciali che, messi al corrente delle varie situazioni, intervengono d’autorità smembrando le classi che non raggiungono il minimo degli alunni richiesti e di conseguenza spostando questi alunni in altri corsi. Un’operazione micidiale perché ciò comporta non solo l’automatica creazione di classi pollaio, ma allo stesso tempo la rottura di tutti i rapporti tra compagni e con i docenti. Cambiano dunque gli insegnanti, cambiano i compagni, cambiano i metodi di apprendimento. E per di più quanto più le classi sono numerose, tanto più fatica l’insegnante e diminuisce la sua possibilità di seguire individualmente i suoi allievi. Una scuola in cui la didattica peggiora e il successo scolastico è più a rischio. Questa la qualità della scuola nelle classi pollaio della Gelmini.