In cinque pagine il Cavaliere risponde ai magistrati di Napoli che lo vorrebbero sentire di persona come vittime di una presunta estorsione
Silvio Berlusconi lo scrive direttamente nel suo memoriale inviato alla procura di Napoli che indaga sulla presunta estorsione ordita ai suoi danni dal duo Tarantini-Lavitola. Quel denaro passato a Gianpaolo Tarantini era certamente un fatto inopportuno. Questo il contenuto dell’incontro avvenuto nel giugno scorso tra il premier e i suoi avvocato Ghedini e Perroni.
“Non ricordo esattamente il periodo – scrive il Cavaliere – ma lo collocherei tra giugno e luglio di quest’anno. Mi incontrai ad Arcore con l’avvocato Ghedini e con l’avvocato Perroni per discutere di questioni relative ai procedimenti in corso a Milano”. E’ in questo momento che il premier tira fuori la questione di Tarantini e riferisce a Perroni, anche legale di Gianpi, di aver saputo “del fallimento della società dello stesso e che avevo messo a disposizione del suo assistito una somma di denaro perché potesse avviare una nuova attività imprenditoriale”. A questo punto “l’avvocato Perroni manifestò stupore per la notizia dicendo di nons aperne assolutamente nulla e prospettando a suo dire l’inopportunità di tale decisione”.
Sono cinque i punti toccati dal documento che porta in calce la firma del presidente del Consiglio. La conoscenza di Taranti che risale a molti anni fa. “Mi è stato presentato come un imprenditore di successo e da più parti ho avuto su di lui positive indicazioni”. E Lavitola? Anche qua il rapporto parte da lontano “soprattutto per la sua attività di giornalista”.
La situazione inizia a complicarsi, dopo i primo arresto di Tarantini e i primi capi di imputazione sullo spaccio di droga e lo sfruttamento della prostituzione. E’ in questo frangente che, seguendo il filo del memoriale, Berlusconi viene a sapere della conoscenza tra Gianpi e Lavitola. “Tarantini e la moglie – si legge – mi scrissero lettere accorate (…). Entrambi mi fecero sapere di essere in gravi difficoltà economiche”. Dopodiché nell’estate del 2010 il Cavaliere viene a sapere dei rapporti Tarantini-Lavitola. Il periodo è lo stesso per l’ennesima lettera di Gianpi in cui il giovane imprenditore barese si lamenta della difesa dell’avvocato D’Ascola. A questo punto B. gli segnala l’avvocato Perroni.
Al punto 4 il presidente del Consiglio attacca la storia della situazione grave in cui versava Tarantini. “lo stesso Lavitola – scrive – mi segnalò una situazione di vera disperazione”. Situazione “aggravata dalla presenza di due figlie ancora piccole”. Da qui “feci quindi avere al tarantini e alla moglie del denaro”. Denaro consegnato a Lavitola oppure direttamente ai due. Somme tra i 5mila e i 10mila euro. Dazioni di denaro “avvenute sempre in Roma presso la mia abitazione”. Il Cavaliere però conferma un incontro anche ad Arcore. La stessa location dove Gianpi (particolare confermato nel suo stesso memoriale) dice di essere stato con la moglie e Lavitola per ricevere i 500mila euro. Berlusconi conferma tutto senza far riferimento al mezzo milione di euro. Sul tavolo dell’incontro il progetto di Tarantini di tornare a fare l’imprenditore. Da qui la necessità di avere liquidità. “Lavitola – prosegue Berlusconi – mi disse che avrebbe depositato lui direttamente i fondi presso una banca in Sudamerica”