Non è stato facile, per Maddalena Rostagno, scrivere questo libro. Troppo era il dolore per essere stata privata, appena quindicenne, del padre amatissimo. Troppa la rabbia per i lunghi anni passati in attesa di una giustizia che sembrava destinata a non arrivare mai.
Quando per la prima volta aveva provato a mettere nero su bianco la storia di Mauro, il leader di Lotta Continua e l’“arancione” seguace di Osho, il brillante sociologo, il fondatore della comunità terapeutica Saman, il giornalista coraggioso, quando, insomma, aveva cercato di raccontare le molte e bellissime vite dell’uomo che un giorno di settembre del 1988 fu ammazzato mentre tornava a casa, da lei, Maddalena era riuscita solo a mettere insieme un’infinità di atti e carte giudiziarie. Su quelle tante, prodigiose vite pendeva prepotentemente il sopravvento la morte, con il suo carico di dolore e di rabbia.
Poi c’è stato l’incontro con Andrea Gentile, “una persona giovane, curiosa, leggera”, e gli “scarabocchi” che Maddalena ancora tracciava per disegnare suo padre hanno preso, finalmente, la forma di racconto. Con lui, ventiseienne redattore editoriale, la trentottenne Maddalena si è lasciata andare ai ricordi, ha pescato nei cassetti della memoria luoghi ed episodi, frasi, oggetti, canzoni. E sì, anche atti giudiziari, interviste, testimonianze. E ora sono loro, insieme, a raccontare a noi Mauro Rostagno in un libro struggente ma mai patetico, documentatissimo ma mai pedante: Il suono di una sola mano (il Saggiatore).
Ripercorrere nelle 280 pagine la vita di Mauro Rostagno è un esercizio utile per chi l’ha conosciuto, anche solo di nome, ma soprattutto per chi di lui e di quegli anni sa poco o nulla. Scoprirà un uomo lontano anni luce dalla violenza e dal terrorismo, ma che coltiverà fino alla morte l’amicizia con Renato Curcio, il fondatore delle Brigate Rosse che era stato suo compagno d’università e di lotte a Trento. Conoscerà l’inventore del più incredibile e folle locale mai messo in piedi in Italia, quel Macondo di cui ancora oggi a Milano si favoleggia. Incontrerà un padre affettuoso e inventivo, che insegnava a sua figlia come il pianto non sia altro che “il riso sottosopra”. Troverà il leader politico che ispirò Peppino Impastato, come lui vittima della mafia che combattevano con le stesse armi: quelle della parola. Si scontrerà con gli ostacoli, le trappole, le menzogne, i depistaggi che per oltre vent’anni hanno sbarrato la strada alla verità sul suo omicidio. Leggeranno delle infamie scagliate contro di lui e la sua famiglia: dall’assunto che la sua morte fosse una questione di corna (un movente molto gettonato per tanti omicidi mafiosi), alla fabbricazione di documenti falsi che indicavano in Lotta continua e nell’omicidio del commissario Calabresi i mandanti e il movente del suo assassinio, all’accusa più vile e vergognosa, quella di correità nell’omicidio per la sua compagna (e madre di Maddalena) Chicca Roveri, incarcerata innocente. Incontrerà un uomo “allegro”, come lo descrive Michele Serra nella prefazione: dal latino alacer, alacre, ben disposto, pronto a fare. Un uomo di cui si sente la mancanza, anche noi che non ne siamo figli ma che avremmo voluto averlo, se non come padre, come fratello: in quel mondo migliore che voleva costruire, anche, affrontando la mafia a viso aperto, denunciandone malefatte e collusioni dagli schermi di una piccola tv di Trapani.
Per quelle denunce, per quel modo di fare televisione in mezzo e per la gente, Rostagno è morto. E per quella morte sono ora alla sbarra due dei suoi presunti assassini. È un processo importante (dopo la pausa estiva riprende il 28 settembre, a Trapani) eppure poco seguito di media. Questo libro ha, fra i molti meriti, anche quello di colmare le colpevoli lacune di stampa e televisioni.