L’obiettivo di Gianpaolo Tarantini era chiaro: compiacere il premier per far entrare il suo comitato d’affari (composto dagli imprenditori “dalemiani” Enrico Intini e Roberto De Santis) nella short list della Protezione civile, ovvero l’insieme delle aziende chiamate a gestire le situazioni di emergenza e le grandi opere pubbliche. Lavori anche per un miliardo di euro, come quello – poi saltato come tutti gli altri – di un fantomatico satellite per Finmeccanica da realizzare con l’aiuto di Intini e De Santis, come si evince da un’intercettazione ambientale tra la moglie di Tarantini, Angela De Venuto, e il suo autista Dino Mastromarco.
Per realizzare il suo piano, il faccendiere si dà un gran daffare pur di stringere rapporti con Guido Bertolaso. Si tratta di un vero e proprio corteggiamento, peraltro confermato dallo stesso Tarantini negli interrogatori ai pm. “Gli ho solo chiesto di presentarmi il responsabile della Protezione Civile – ha raccontato Tarantini – in quanto volevo che Enrico Intini, mio amico con il quale avevo stipulato un contratto di collaborazione, potesse esporre allo stesso Bertolaso le competenze del suo gruppo industriale nella prospettiva di poter lavorare con la Protezione Civile”. Dopo aver speso una fortuna per guadagnarsi la fiducia del premier, Tarantini riesce a chiudere il cerchio: “Una sera il presidente Berlusconi mi presentò Guido Bertolaso con il quale in seguito mi sono incontrato unitamente a Enrico Intini – ha spiegato ancora l’imprenditore barese – Bertolaso ci inviò a Finmeccanica ma poi, dopo i primi incontri con tale dottor Lunanuova, non è successo più nulla”.
Insomma, un buco nell’acqua. La cronistoria del fallimento però, merita di essere raccontata. In tal senso, appare centrale la figura di Totò Castellaneta, un avvocato di Fasano, nel brindisino. Il primo passo per la realizzazione del disegno di Gianpy, infatti, avviene tramite il coinvolgimento, attraverso Castellaneta, dell’imprenditore Enrico Intini, a capo dell’omonimo gruppo operante nel settore delle infrastrutture a livello nazionale e internazionale. L’incontro tra Tarantini e Intini si svolge a settembre 2008 nello studio di Totò Castellaneta, che subito dopo la riunione viene aggiornato sul fatto che Tarantini aveva illustrato a Silvio Berlusconi i progetti del Gruppo Intini.
Il comitato d’affari è ufficialmente nato, ma è necessario un ulteriore passaggio per arrivare al capo della Protezione civile. Per questo Tarantini chiede a Castellaneta informazioni ancor più approfondite su Intini, visto che Berlusconi si era mostrato molto interessato all’attività del gruppo. L’occasione per far soldi negli appalti pubblici è stata creata: per Tarantini “quello è un ferro da battere caldo”. Per far ciò, Intini avrebbe dovuto produrre una brochure del suo gruppo, così Berlusconi lo avrebbe girato direttamente a Bertolaso. A questo punto, il faccendiere barese tira in ballo Roberto De Santis, imprenditore nel settore delle energie rinnovabili e immobiliarista legato a Massimo D’Alema. Per i magistrati De Santis è la persona che consigliava Tarantini “nei rapporti d’affari in contesti istituzionali (nazionali) in cui il giovane imprenditore non aveva maturato ancora la giusta esperienza per muoversi con disinvoltura”. Cosa ci avrebbe guadagnato dal progetto Gianpaolo Tarantini? Per gli inquirenti non ci sono dubbi: Tarantini avrebbe ottenuto ricche provvigioni per la sua opera di mediazione, ma per fare questo, come prospettato da Totò Castellaneta, era necessario costituire una società di consulenza, con l’aiuto del commercialista Fabrizio Pulpo.
Per il comitato d’affari pugliese, le cose si mettono bene il 5 novembre 2011, ovvero quando Tarantini informa Castellaneta che la sera prima, durante una cena a Palazzo Grazioli, il presidente del Consiglio aveva consegnato la brochure di Intini a Bertolaso, che in quel periodo si trovava a Napoli perché delegato dal governo per l’emergenza rifiuti in Campania. Bertolaso, in quell’occasione, aveva assicurato il premier che avrebbe chiamato Intini. La svolta arriva il 12 novembre, quando Berlusconi convoca Tarantini a Palazzo Grazioli, nel bel mezzo della notte, perché aveva necessità di vederlo per “un minuto”. L’incontro è il preludio per il tanto auspicato faccia a faccia con Guido Bertolaso. Il contatto arriva alle 18.15 del giorno successivo. Berlusconi è in macchina col capo della Protezione civile, chiama Tarantini e gli passa al telefono Bertolaso, preannunciandogli la possibilità di prendere accordi diretti e raccomandandosi di “fargli fare bella figura”: “Dottore buonasera, lieto di conoscerla”, dice Tarantini, con Bertolaso che fissa subito un appuntamento per l’indomani. “A che ora vuole venire a trovarmi?” risponde Bertolaso a un Tarantini che si mette a completa disposizione: “Se lei viene a trovarmi verso le quindici ci possiamo vedere senz’altro”. L’appuntamento è fissato: ore 15, via Ulpiano, sede della Protezione civile.
Ottenuto il contatto, il comitato d’affari festeggia: Tarantini a stretto giro di posta chiama suo fratello Claudio, Enrico Intini, Roberto De Santis e Totò Castellaneta, che gli ribadisce di affrettarsi a costituire la società di consulenza. Il 16 novembre, poi, Berlusconi chiama Tarantini per sapere l’esito dell’incontro. Tarantini è euforico: “Bertolaso ci disse che Finmeccanca aveva costituito una società mista con la Protezione civile e ci invitò ad andare da Finmeccanica. Fui io attraverso Rino Metrangolo (dirigente di Finmeccanica, dimessosi oggi, ndr), persona che avevo conosciuto attraverso Lea Cosentino (ex dirigente della Asl Pugliese, ndr) a prendere contatti con Lunanuova, dirigente della società mista”. Com’è andata la missione? Tarantini spiega ai pm: “Mi dissero che avremmo potuto partecipare all’interno di una Ati (associazione temporanea di imprese, ndr) nella quale avrebbe potuto trovare posto la Sma di Intini. Non si concretizzò nulla perché, sebbene il terremoto all’Aquila avrebbe consentito di realizzare opere stradali attraverso la Sma di Intini, la notizia pubblica della perquisizione da me subita determinò una presa di distanza da parte di Metrangolo e Lunanuova”.
Dopo un simile corteggiamento, il comitato d’affari non conclude nulla: un buco nell’acqua, tanto lavoro per nulla. Ora, però, è tutto scritto nelle carte. Dopo il fallimento, la beffa.