La monorotaia di Gardaland

Forse se l’avesse saputo prima Lucia Masini avrebbe evitato al figlio Luca, 16 anni, un’umiliazione pubblica. Forse se in qualche modo fosse venuta a conoscenza che in quel parco di divertimenti le persone con sindrome Down non possono salire su certe giostre, perché il regolamento interno non lo permette, sarebbe andata da un’altra parte, magari al mare dove, almeno per ora, non c’è nessuno che possa dire suo figlio “qui tu non puoi entrare”.

Ma Lucia Masini non lo sapeva e lo scorso 6 settembre Luca ce l’ha portato a Gardaland, il parco divertimenti di Castelnuovo del Garda in provincia di Verona, struttura del genere fra le più grandi d’Europa. Con il marito e i due figli voleva passare una giornata spensierata, a Luca quelle giostre piacciono molto e problemi per salire da altre parti, come a Mirabilandia o all’Aquafan, per esempio, nessuno glieli aveva mai fatti. Ikarus, una specie di gigantesca vite che gira su se stessa, in particolar modo affascina il 16enne che non vede l’ora di salirci. Ma quando con la madre-accompagnatrice si presenta al cancello Luca, che sul volto porta i segni delicati della sindrome Down, viene bloccato dall’addetto e rimandato indietro per motivi di sicurezza. Il ragazzo ci rimane malissimo: “Ha un’intelligenza e una sensibilità fuori dal comune – dichiara la madre che ha denunciato l’accaduto al portale dell’Inail Superabile.it e ha già interessato il Coordown (coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome Down) – e non capiva perché gli altri ragazzi potessero salire e lui invece no”.

Di divertimenti in una parco grande come Gardaland ce ne sono tanti, per cui i genitori di Luca, pur essendo molto infastiditi per il trattamento ricevuto dal figlio, cercano di non rovinarsi la giornata e provano a portare il ragazzo su un’altra giostra. Stavolta scelgono la monorotaia. A Luca piace e non è per niente pericolosa. Una volta arrivati a un passo dal salire un altro addetto, dopo aver visto in faccia il ragazzo, dice che su quell’attrazione non può salire. Motivi di sicurezza imposti dal regolamento interno. E due. Troppi i divieti, troppe le porte in faccia sbattute a un ragazzo di 16 anni che vuole solo divertirsi come fanno tanti altri suoi coetanei. La madre a quel punto va su tutte le furie e se ne va dal parco divertimenti: “Non è giusto – dice ancora a Superabile.it – io soffro di vertigini e avrei potuto avere un malore, ma nessuno mi avrebbe impedito di salire. Mio figlio, invece, solo perché ha i tratti somatici della sindrome di Down non può accedere a quelle giostre. Ritengo sia discriminante. Conosco persone cardiopatiche che vanno su queste attrazioni, ma nessuno a loro chiede il certificato medico. Per i Down invece divieto assoluto”.

La risposta del parco arriva con una nota. «Gardaland precisa che le limitazioni di accessibilità alle singole attrazioni sono poste per adempiere ad obblighi di legge ed esclusivamente per ragioni di sicurezza. Il parco, sempre per obblighi di legge, non può trasferire ad altri l’adempimento di tale obbligo né può lasciare alla valutazione di terzi l’accessibilità alle singole attrazioni, di cui sola ha il potere di controllo e di gestione del rischio. Pertanto, è assolutamente privo di fondamento l’assunto secondo il quale il parco vieterebbe l’utilizzo di alcune attrazioni a persone con sindrome di Down esclusivamente in virtù delle loro peculiari caratteristiche somatiche, che, invece, non hanno alcuna rilevanza, se non nei limiti in cui siano sintomi di una disabilità che integra un motivo di salute e di sicurezza tale da giustificarne il diniego all’accesso. Tra l’altro la stessa norma esclude espressamente che sussista discriminazione quando viene negato l’accesso ad un attrazione per motivi di salute e sicurezza. Si ribadisce quindi che la doverosa attenzione di Gardaland è sempre stata rivolta all’accessibilità delle attrazioni con vigile riferimento alla prevenzione per la sicurezza degli ospiti disabili; d’altra parte, come già rilevato in più occasioni, gli stessi costruttori prevedono espressamente, nei manuali d’uso, restrizioni per l’utilizzo delle attrazioni da parte di determinate categorie di ospiti».

Non è la prima volta che Gardaland si trova coinvolta in situazioni del genere. Nel 2010 toccò a una bimba di otto anni, sempre con sindrome di Down, subire il divieto a salire sulla monorotaia. Allora la direzione del parco rispose e si difese dicendo che “per noi è fondamentale garantire il massimo livello di sicurezza ai nostri ospiti su tutte le strutture del parco. La legge italiana prevede la responsabilità diretta da parte dell’azienda in caso di infortunio o incidente e il mancato rispetto di quanto prescritto a livello normativo rappresenterebbe una grave inadempienza da parte nostra, punibile civilmente e penalmente”.

Il padre della bambina, nonostante le precisazioni di Gardaland, sporse una denuncia penale nei confronti della direzione e la questione arrivò fino alla Camera dei Deputati. La deputata dei radicali Maria Antonietta Farina Coscioni presentò, nell’ottobre del 2010, alla Camera una mozione – firmata da 51 deputati di tutti i principali gruppi parlamentari – che impegnava il governo a far cessare tempestivamente questa situazione “palesemente discriminatoria – si legge nel testo redatto dall’onorevole Coscioni – e a presiedere un tavolo di confronto tra le realtà interessate per addivenire alla stesura di regolamenti condivisi”.

Quel tavolo si è riunito ed è stato messo a punto un protocollo comune di comportamento nei confronti delle persone con sindrome Down e disabilità. Hanno dato disponibilità ad aderire al documento diversi parchi di divertimento italiani, ma, almeno per il momento, non è arrivata l’adesione di Gardaland. Se questa continuasse a non arrivare il Coordown ha già annunciato azioni legali contro il Parco di Castelnuovo e una class action. “Nessun altro parco giochi, oltre a Gardaland – spiega in una nota Sergio Silvestre, coordinatore di Coordown – vieta espressamente le proprie attrazioni a persone con sindrome di Down. L’atteggiamento giusto è quello di spiegare agli accompagnatori i rischi eventuali che si corrono, ma non di vietare brutalmente l’accesso. Quella della direzione di Gardaland è un’applicazione discutibile del codice penale, che però viola la convezione Onu sui diritti delle persone disabili e l’intera normativa antidiscriminazione”.

di Emanuele Salvato

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