L’altra sera Gianluigi Paragone ci ha regalato un’esclusiva intervista a Terry De Nicolò. La escort si lascia andare a considerazioni sulla vita del Paese e sui protagonisti degli ultimi scandali.
A partire dalla descrizione di Giampaolo Tarantini: uno che vive un giorno da leone, mentre tutti gli altri vivono cent’anni da pecora (meglio cinquanta giorni da orsacchiotto, avrebbe sussurrato Troisi). Chi critica Giampy sarebbe quindi spinto dall’invidia.
Poi, sentendosi investita della delega da parte di tutto il genere femminile italiano, afferma che qualunque donna a cui fosse proposto di andare da Silvio a Palazzo Grazioli ci andrebbe, a piedi e di corsa. Perché poi, aggiunge, se una donna è bella deve potersi vendere e “se tu sei brutta e racchia te ne stai a casa e non mi rompi i co****ni.”. La bellezza è una dote, come l’essere medici, e, in quanto tale, ha un valore (o un prezzo?). Anche Sgarbi la pensa così (e come contraddire un esempio di cotanta cultura?).
Infine, il ricordo dell’esteta Silvio, che apprezza che le donne siano ben vestite, mica come vorrebbe l’idea moralista della sinistra. Robe antiquate: la ridistribuzione del reddito, pari diritti e dignità… se vuoi qualcosa devi venderti, anche tua madre, se necessario. Se vuoi essere onesto, accontentati.
Insomma, Terry De Nicolò, inconsapevolmente, si avvicina alla scuola di pensiero machiavellica, con i pregi e i difetti del caso: da una parte il realismo, dall’altra la giustificazione di atti non più immorali ma amorali. E, come nel Principe, non ci si limita a dipingere una realtà crudele, ma ce ne si gloria, additandola a modello migliore per la società.
Uno spettacolo squallido, dello squallore dei servi, di quelli che, per citare Peter Gomez, non hanno venduto le parti basse, ma lo stomaco, il cuore e, soprattutto, il cervello.
Un’ultima precisazione, per non incappare nel reato di invidia, citato anche dall’intervistata, che in quest’Italia di depenalizzazioni è diventato l’unico perseguibile: non invidio le donne che si ritengono belle e confondono il valore con il prezzo, così come non invidio l’amico faccendiere attualmente indagato per estorsione. E, tanto meno, invidio il settantacinquenne con manie di onnipotenza, che non può fidarsi di nessuno ma che avrebbe a disposizione una fila di donne pronte a donarsi alla sua raggrinzita beltà; che deve girare il Paese circondato dalle forze dell’ordine, deve chiedere di far sgomberare le piazze per la paura del dissenso, continuando a fingersi felice, con un sorriso di plastica che somiglia sempre più ad uno spasmo, ad una paresi, ad un ghigno disegnato male. No, non li invidio proprio. E non credo di essere l’unica.