Ma dove vai, se l’amico non ce l’hai?, e neppure un partner che ti rispetta? Mr B. sperimenta la solitudine dei numeri primi, anzi dei ‘numeri premier’… La foglia di fico della fuga in Europa ha funzionato, martedì, perché i leader dell’Ue Van Rompuy, Barroso, Buzek, non hanno il peso per dire di no a un capo di governo. Ma il giochino non è riuscito con l’avvio dell’Assemblea generale dell’Onu, la prossima settimana: s’era ventilato che Berlusconi dovesse andarci, ma non per fare il discorso e neppure con un’agenda di incontri: oggi, fra i Grandi del Mondo, nessuno muore dalla voglia di vederlo.
Il 2011 è stato duro: il Cavaliere ha perso un sacco di amici, Mubarak, quello che gli affidava la nipote perché ne avesse cura, Ben Alì, Gheddafi; qualcuno gli resta, come Putin, uno per molti versi della sua stessa pasta, ma più duro – lui mica si sarebbe fermato a otto, quella sera, le avrebbe messe sotto tutte e 11 – e ancora gli oligarchi post sovietici Lukashenko, il bielorusso, e Nazarbayev, il kazako, ma quelli è meglio che non s’espongano troppo a favore, chè sono proprio impresentabili. La stampa internazionale segue distaccata il declino dell’imperatore: è noia, quasi assuefazione. Così, il ‘tour dell’Ue’ passa quasi sotto silenzio, anche perché lui la racconta solo in italiano.
Certo, ogni tanto c’è il ‘salto di qualità’. La storia della Merkel fa il giro dei media mondiali, mica solo tedeschi: tutti ci sguazzano a difesa della cancelliera vittima “del linguaggio sessista” (Guardian) del premier italiano (per molti, l’insulto di Mr B. “lo sconcio”, Daily Mail, è irripetibile). Nell’intreccio di inchieste e processi, la stampa estera dall’Ap alla Bbc cerca di stare al passo. Il NYT si chiede come Berlusconi festeggerà i 75 anni. Le Figaro nota che il Cavaliere “comincia a essere lasciato” dai suoi fedelissimi: se se ne vanno loro, figuriamoci come se la danno i Grandi del Mondo. Eppure, talora si sbaglia, a tenerlo fuori. Se giovedì Sarkozy e Cameron fossero andati a Tripoli con Berlusconi, magari veniva sulla piazza a salutarlo pure Gheddafi, se non altro per mettergli un dito nell’occhio, dopo lo scherzetto che gli ha fatto.
Il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2011