All'ex sindaco di centrosinistra del capoluogo toscano e ad altri funzionari pubblici sono stati recapitati gli avvisi di garanzia. Le accuse sono a vario titolo di abuso d’ufficio, omessa denuncia di reato e realizzazione all’interno dello spazio espositivo di otto padiglioni che per i pm sono in parte o del tutto “privi di atti legittimanti”
La Procura di Firenze non risparmia nessuno e notifica così, su queste basi, l’avviso di chiusura delle indagini portate avanti per anni dal pubblico ministero Luigi Bocciolini che ha tirato le fila di una complicata vicenda in cui si evidenziano “dimenticanze, omissioni, trascuratezze, ovvero la scarsità di interventi di vigilanza sul bene storico ambientale, ammesse dagli stessi funzionari e dirigenti della Soprintendenza – scrive il magistrato – dell’Agenzia del Demanio nonché le svariate agevolazioni godute dalle società di gestione da parte dell’amministrazione comunale di Firenze, sia nell’azione politica delle giunte comunali che si sono susseguite, sia dai dirigenti e funzionari della Direzione Urbanistica in violazione o in errata applicazioni di norme o regolamenti”.
Partendo dai nomi illustri, sono stati raggiunti dagli avvisi di garanzia Leonardo Domenici, ex sindaco, e l’allora vicesindaco Giuseppe Matulli, già sottosegretario alla Pubblica Istruzione. Con loro gli altri colleghi della giunta: Graziano Cioni, Gianni Biagi, Paolo Coggiola, Silvano Gori, Riccardo Nencini (solo omonimo del segretario nazionale del Partito Socialista), Claudio Del Lungo, Daniela Lastri, Cristina Bevilacqua, Giovanni Gozzini, Lucia De Siervo. Tra gli ex assessori spiccano Eugenio Giani, presidente del Consiglio comunale attualmente in carica, alla guida del Coni provinciale e con un posto nel cda della Fiorentina; e l’allora assessore Tea Albini, da giugno di quest’anno “promossa” in Parlamento a seguito delle dimissioni del sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi. E ancora. Indagati i funzionari della regione Toscana Paolo Bongini, Silvia Fantappiè, Antonino Mario Melara e i vertici della società Firenze Fiera spa: Alberto Bianchi (legale rappresentante fino al giugno 2006), il suo successore Roberto Negrini, e Carlo Bossi, presidente attuale, entrato in carica il 31 luglio di tre anni fa. A loro si aggiungono Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine; Cristina Viviani, direttore dell’Agenzia del Demanio, filiale Toscana; Massimo Perini, funzionario coordinatore del supporto specialistico delle attività di gestione dei beni dell’Agenzia del Demanio, che ha seguito l’aspetto gestionale della Fortezza da Basso; Paola Grifoni, già Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Firenze, Pistoia e Prato; Lia Pescatori, funzionario responsabile di zona della Soprintendenza che ha seguito le vicende del complesso della Fortezza; Maurizio Talocchini, a capo della Direzione Urbanistica; Emanuele Crocetti, funzionario responsabile dell’istruttoria della direzione Urbanistica che ha seguito i progetti della Fortezza; Alessandro Bellini, allora responsabile quartieri 2 e 5 della direzione Urbanistica del Comune; Bruno Ciolli, ex funzionario dei quartieri 2 e 5 della direzione Urbanistica; Pasquale Silverii, funzionario responsabile dell’edilizia die quartieri 3 e 4 della direzione Urbanistica; Roberto Lancietti e Marco Passaleva. Quest’ultimo, ingegnere autore di una perizia giurata per il Padiglione Spadolini che dichiarò un’agibilità, per il magistrato, “da ritenersi mendace”, motivo per cui secondo la Procura “i presupposti che hanno condotto ad esprimere la certificazione di agibilità per il padiglione Spadolini sono da ritenersi illegittimi”.
L’accusa è precisa, i dettagli abbondano. Nelle 64 pagine dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari viene reso noto il contenuto delle Conferenze dei servizi del 24 maggio e 26 giugno 2006 indette dalla Regione, alle quali presero parte la Soprintendenza, l’Agenzia del Demanio e il Comune, su istanza di Firenze Fiera spa. In questi incontri, secondo la Procura, “si palesava la conoscenza della illegittimità dei padiglioni precari (otto in tutto, interni alla Fortezza, eccetto uno esterno usato come reception, ndr)”. Dagli atti acquisiti, inoltre, “si evinceva la piena consapevolezza della illegittimità delle strutture in essere dando atto che la situazione urbanistica della Fortezza da Basso è condizionata dall’esistenza di strutture precarie sprovviste di concessione edilizia”.
Non solo. Si parla anche di liberare la società “dall’incombenza oramai inevitabile dell’accertamento di possibili abusi”. In altre parole, gli uffici pubblici “erano abbondantemente a conoscenza dell’esistenza dei padiglioni e della loro illiceità”. Alcune opere, inoltre, sarebbero state realizzate “in assenza – scrive ancora il magistrato – del prescritto provvedimento autorizzativo” per avere “gli interventi edilizi riguardato zone sottoposte a vincolo storico, artistico e paesistico” nonché “in violazione delle prescrizioni per le costruzioni in zone sismiche senza fare le prescritte comunicazioni”. In conclusione secondo la Procura si tratta di una realtà che, come bene riassume il resoconto dei sopralluoghi, risulta “diversa dalla realtà virtuale rappresentata nei progetti”.