“Come vanno gli affari? Male, vanno”. Non è il solito piagnisteo. Ci aveva provato a vendere computer, si era messo in società con due giovanotti, negozio aperto nel ‘98 in corso Lodi. “Poi ci si sono ficcati di mezzo gli ipermercati: prezzi sempre più giù per prendersi i clienti, per raschiare il fondo del barile, l’avrà pur vista la pubblicità con le due ottantenni in cerca di un pc. Era impossibile reggere la concorrenza. E così i due soci se la sono data a gambe, si sono detti ‘qui finisce a catafascio’. Mentre io ho scommesso sulle riparazioni, più che il commerciante ho deciso di fare l’artigiano. Signori, sono Ricky il mago, io riparo, io – mentre gli altri vi vendono i computer già fatti – ve li faccio e ve li aggiusto su ordinazione. Ditemi che avete bisogno di una funzione in più e io ve la metto. Che scuola ho fatto? Se glielo dico non ci crede. Nessuna scuola, ho dovuto lasciare anche le superiori al secondo anno, avrei dovuto fare il perito chimico, ma in casa c’era bisogno che lavorassi anch’io. Pensi che la mia prima causa sindacale me la feci a diciotto anni da solo. Il padrone mi nascondeva il libretto di lavoro. Andai in una cabina telefonica, chiamai il sindacato e un avvocato, poi feci l’errore di lasciar perdere, allettato da una bella sommetta: volevo comprarmi una rally 127, se la ricorda?, non aveva nemmeno i sedili ribaltabili. Eh, gliel’ho detto io che la mia vita è un cinema, ci si potrebbe scrivere un libro. Comunque non ho fatto alcuna scuola per imparare i computer. In casa c’era mio padre che se ne intendeva, lavorava anche per l’Olivetti, si occupava di macchine a controllo numerico. A un certo punto sono andato a fare un po’ di apprendistato per i fatti miei, sei mesi senza un soldo, una gran passione, mesi e mesi su Internet e alla fine ho imparato”.
“Vede? Non è che entra tanta gente, ma io sono qui a dire a chi arriva ‘se bisogna riparare si sieda tranquillo e glielo faccio davanti a lei’, se va da un altro le dice ‘lasci qui e torni tra una settimana. Il guaio è che neanche così, neanche a offrire queste comodità la gente si ferma. Sono tutti impazienti, incavolati, entrano e se c’è da aspettare cinque minuti magari se ne vanno sbuffando, sembra che abbiano tutti gli impegni di un capo di stato.”
Vita stenta di un mago. Di qua Riccardo e la sua Snp, di là Milano e la sua fobia per gli artigiani, i supermarket sono meglio. Di qua Riccardo, di là la crisi, con gli affitti che salgono, “ma dico io, se c’è la crisi come pensano che possiamo pagare di più”. Di qua Riccardo con i suoi occhi furbi e i suoi baffi fuori tempo, di là le banche che lo fanno impazzire (“ho passato tutto agosto dietro a loro”), che se chiede l’allungamento di un mutuo lo impallinano di interessi e le deve ringraziare. È la lotta titanica dell’artigiano solo che mobilita la categoria, o almeno ci prova, come testimonia un pezzo sul Giorno, anche per ottenere un posto macchina davanti alle botteghe senza doverlo pagare. Un posto gratis in via Piacenza per la sua “Batmobile”, come la chiama, una polo con 200 mila chilometri che cade in pezzi. Specchio della crisi di una categoria che offre servizi da società avanzata, mica la pulizia dei camini. “È che a Milano manca una coscienza collettiva. Ma lei sa come si stanno ribellando gli artigiani e i commercianti sardi? Loro sì che sono tosti, guardi qui le foto, i giornali e le tivù non ne parlano ma questi sono una marea, vogliono la secessione, raccontano anche di avere occupato la sede di Equitalia. Io sono in contatto con loro, perché bisogna difendersi pure al nord”.
È nato da qui il magico incontro con Grillo il terribile. Non da parte di uno studente indignato o di uno di quei giovanotti da saloon che amano infestare la rete. Ma di un artigiano che profuma di ribellione beneducata. “Vuol sapere come è andata? Scrivevo a tutti i partiti chiedendo se conoscessero i nostri problemi. Nessuno rispondeva. Grillo mi ha risposto. Non a tutte le lettere; ma insomma, abbastanza. Io condivido quello che fa, ha un po’ la mia mentalità. Lui è il personaggio che può muovere le piazze, lui crede in quello che dice, cioè che non siamo un partito ma una grande mente che si mette in rete. Così quando viene a Milano gli organizzo le trasmissioni in web dei comizi, anche l’ultima volta l’ho fatto, da piazza del Duomo. Anche a San Giuliano. Sia chiaro: gratis. A Milano stimo il nostro consigliere Mattia Calise, è bravo quel ragazzo. Io, dice? Io mi sono candidato a Palazzo Marino e non le dico quanti voti ho preso se no ride, anzi glielo dico, dieci voti. Ma mi candiderò l’anno venturo a San Donato. Non per me, ma perché c’è bisogno di politici che riescano a pensare come dei cittadini. Che non si sentano in cima alla madonnina mentre sotto, per strada, brulichiamo noi. Costretti a pagare il posto auto, gli affitti che aumentano, gli interessi delle banche e l’impazienza della gente. Altro che l’Italia gloriosa delle partite iva..”.
Il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2011