La Grecia rischia di finire fuori da Schengen, almeno temporaneamente. La revisione del trattato di libera circolazione Ue presentato a Bruxelles prevede una sospensione di sei mesi per quei Paesi che si riveleranno “incapaci di proteggere la frontiera europea” dalle ondate immigratorie. Il provvedimento è applicabile a tutti i Paesi della zona Schengen, ma il riferimento immediato è proprio ad Atene. “Altri Paesi interessati da ingenti flussi immigratori, come la Spagna, sono riusciti a invertire la tendenza. Il governo Papandréou paga troppi anni di negligenza”, ha commentato un funzionario Ue al quotidiano francese Le Figaro.
Dopo lo sfiorato crack finanziario, i due salvataggi milionari da parte dell’Ue, le privatizzazioni forzate decise a Berlino e addirittura la richiesta finlandese di ipotecare il Partenone, la Grecia si vede oggi quasi messa alla porta dello spazio di libera circolazione Ue, insieme all’Euro il segno più tangibile dell’Unione stessa. La revisione di Schengen presentata in questi giorni e chiesta a gran voce dagli stati europei dopo l’ondata immigratoria dello scorso giugno a Lampedusa, prevede di “reintrodurre i controlli alla frontiera nel caso tutte le altre misure si fossero rivelate vane”. “L’Ue continuerà ad aiutare, ma spetta ad Atene dimostrare che questi sforzi non siano vani”, ha dichiarato il funzionario Ue a Le Figaro.
Il confine tra Grecia e Turchia sul fronte immigrazione è il più caldo in Europa. Stime ufficiali dicono che tre quarti degli immigrati entrati nel vecchio continente nel 2010 sono passati proprio dalla Grecia. Parliamo di circa 73mila irregolari, una media di 200 clandestini al giorno, secondo le autorità greche tutti provenienti dalla Turchia. In totale, sempre secondo stime greche, negli ultimi quattro anni oltre mezzo milione di immigrati sono entrati clandestinamente nel Paese, dove oggi ne vivono illegalmente circa 300mila. I principali Paesi di partenza sono Afghanistan, Iraq, Somalia e Iran. Un flusso che è andato intensificandosi negli ultimi anni a causa delle politiche immigratorie più ferree dei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, tra cui l’Italia. La Grecia, infatti, resta un luogo di passaggio, un ponte verso il resto dell’Europa.
Una situazione di costante allarme che Atene non è mai riuscita a tenere sotto controllo e che ha spinto lo scorso gennaio il governo greco all’annuncio shock dell’erezione di un muro lungo il confine con la Turchia sull’esempio Stati Uniti–Messico. «La società greca ha raggiunto il suo limite nell’accoglimento degli immigrati clandestini», aveva dichiarato il ministro all’Immigrazione, Christos Papoutsis il 6 gennaio, «Non è più in grado di reggere l’urto». Una decisione che aveva scatenato un acceso dibattito in tutta Europa e che è proseguita in sordina fino allo scorso agosto, quando si è iniziato a scavare un enorme fossato lungo 120 chilometri, largo 30 metri e profondo 7 lungo il fiume Evros, in prossimità del confine turco.
Lo scopo del mettere la Grecia in quarantena non è risolvere il problema immigrazione ma unicamente proteggere il resto d’Europa, come chiesto dai principali leader nazionali. Una decisione che potrebbe assestare il colpo di grazia ad un Paese già sull’orlo del baratro finanziario. Ma in Europa ormai l’immigrazione è un tasto molto delicato da toccare.
La stessa revisione di Schengen appena presentata dalla Commissione europea, nonostante l’opzione di “quarantena” per i Paesi meno virtuosi, è stata attaccata da Germania, Francia e Spagna per la proposta di vincolare ad una decisione comunitaria il ripristino dei controlli alla frontiera interni in caso d’emergenza. La commissaria Ue Affari interni Cecilia Malmström vuole infatti permettere la reintroduzione d’urgenza dei controlli da parte degli stati membri solo per i primi cinque giorni, poi ad intervenire deve essere Bruxelles. In una dichiarazione congiunta dei rispettivi ministri, Francia, Germania e Spagna hanno affermato di non essere d’accordo. “Siamo convinti che rispettare la sovranità dei Paesi membri sia fondamentale. Per questo motivo non condividiamo l’idea della Commissione di voler decidere su misure operative che riguardano la sicurezza”. Una risposta che cozza con la puntuale richiesta d’aiuto e fondi all’Ue nei periodi di crisi immigratoria.