Nei suoi confronti resta il pericolo di inquinamento delle prove. Secondo i giudici le dichiarazioni degli imprenditori Pasini e Di Caterina, che accusano tra gli altri anche Filippo Penati, sono attendibili anche se "non dettate da motivazioni morali".
Nelle circa 30 pagine del provvedimento i giudici non si lasciano convincere dalla ricostruzione difensiva fatta dai legali di Magni, gli avvocati Norberto Argento e Luigi Peronetti, e confermano di ritenere degne di fiducia le rivelazioni fatte da Pasini e Di Caterina. Tutto ciò nonostante il fatto che gli imprenditori, “nel rivelare fatti a loro conoscenza, non sono mossi da motivazioni di particolare valore morale, ma solo dal riscontro di non aver ottenuto, nonostante il tanto denaro versato nel tempo, quanto si aspettavano”.
Insomma Di Caterina e Pasini non hanno certo vuotato il sacco per senso di giustizia e dovere civico, ma, per i giudici, il fatto che la loro scelta sia dipesa “dall’assenza del ritorno economico promesso” non fa automaticamente venir meno “la valenza delle dichiarazioni sotto il profilo della loro intrinseca credibilità”. Una presa di posizione, quella del collegio, che con queste parole bolla come “inadeguata” la misura degli arresti domiciliari per Magni, perché resta in piedi il pericolo di inquinamento delle prove. Ma anche una decisione con la quale i giudici del Riesame, pur non intervenendo nel merito dei fatti oggetto dell’inchiesta, danno comunque atto di considerare credibile quanto raccontato dai due imprenditori. Dichiarazioni, le loro, che sono alla base delle accuse formulate dai pm della Procura di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia, titolari dell’inchiesta.