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La lezione dei pirati tedeschi

Se il nove per cento vi sembra poco. Eppure tanto, l’8,9 del totale, sono i voti raccolti domenica scorsa dal Partito dei Pirati tedeschi alla elezioni regionali di Berlino. I Pirati informatici sono la formazione politica più interessante comparsa negli ultimi anni. Nel 2006 il sottoscritto si imbarcò per la Svezia per intervistare Rickard Falkvinge, il fondatore del partito svedese, il primo comparso sulla scena internazionale.

Da allora di tempo ne è passato, il Piratpartiet si è allargato in tutta Europa,  negli Usa, e nel 2009 è riuscito a mandare due deputati all’europarlamento. Non sono mancati importanti débâcle: nella stessa Svezia alle elezioni politiche i risultati sono stati deludenti. Il problema maggiore, lo scoglio sul quale si erano incagliati i pirati svedesi, è stato quello programmatico: sono voluti rimanere a tutti i costi un single issue party, un partito monotematico concentrato unicamente sulla lotta al copyright, la difesa della privacy e la battaglia per la condivisione online.

Con un prospettiva così corta, era poca la strada da fare. Ma i pirati tedeschi hanno avuto l’intelligenza di fare un passo in avanti. Al centro del loro programma hanno messo la liberalizzazione di Internet, del copyright e delle droghe leggere; ma hanno aggiunto  la richiesta di totale trasparenza della politica, hanno lanciato il tema della partecipazione, hanno chiesto trasporti gratuiti e salario minimo garantito per i giovani. “Avremo un impegno politico serio e non solo folclore giovanilistico” hanno spiegato. “Non ti fidare degli slogan, cerca nel surfing” uno dei loro innovativi motti nerd.

Ecco, questa è una piattaforma molto più concreta sul quale impostare una proposta politica che sia credibile negli anni. E se a tutto ciò – come mi auguro che succederà – si aggiungeranno tematiche legate alla sostenibilità ambientale, all’innovazione, al supporto per istruzione e ricerca, ecco che davvero potrebbero diventare uno strumento molto utile nella politica del futuro.

L’Italia, che da vent’anni va nella direzione specularmente opposta, si farebbe un bel regalo se facesse nascere qualcosa di simile.