Giudizi durissimi nell'istanza depositata dai magistrati che indagano sulla presunta estorsione relativa al caso escort. Altro che aiuto a un amico, Tarantini godeva di "uno stipendio di 20 mila euro al mese, come un top manager". Sullo sfondo, la "guerra" giudiziaria sulla competenza territoriale
Mentre il governo traballa per il caso Milanese e il declassamento di Moody’s, per Silvio Berlusconi si fa incandescente anche il fronte giudiziario. La Procura di Milano scrive che la Camera è andata “oltre ogni previsione costituzionale” sollevando il conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale sul caso Ruby. Contemporaneamente, i pm di Napoli definiscono “inattendibile”, “lacunosa”, “generica”, “imprecisa” la memoria presentata dai legali del premier sul caso della presunta estorsione subita da Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola in relazione allo scandalo escort.
”La inattendibilità e ricercata lacunosità” della memoria, scrivono i sostituti procuratori Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock nell’istanza al gip depositata oggi e relativa alla competenza territoriale, “emerge dalla stessa volontà della parte offesa Silvio Berlusconi di sottrarsi alla doverosa escussione testimoniale”. La memoria “appare in ogni sua parte generica e imprecisa, tranne che sull’aspetto riguardante il luogo in cui i pagamenti sono avvenuti”.
Soprattutto, i pm contestano alla radice l’autodifesa del presidente del consiglio, che nel memoriale ammetteva di aver pagato Tarantini, ma solo come spontaneo atto di liberalità verso un amico in difficoltà. “A parte che le somme in questione superano di gran lunga la soglia del mero sostegno a un amico”, notano i magistrati, “configurandosi lo stipendio netto di 20mila euro mensili (più benefit vari, più l’una tantum di 500mila euro) come il trattamento economico di un top manager”. E le testimonianze rese da due stretti collaboratori di Berlusconi, la segretaria Marinella Brambilla e il maggiordomo Alfredo Pezzotti, indicano che il premier “non era certo entusiasta dei pagamenti che gli venivano richiesti”.
I pm hanno allegato all’istanza tutte le citazioni – in qualità di persona informata dei fatti – notificate a Berlusconi, che ha rifiutato di farsi interrogare. “Tale condotta – scrivono ancora – induce a ritenere che la sua ricostruzione dei fatti non sia né completa né documentata né certamente attendibile, e anzi appare deliberatamente creata in modo funzionale a procrastinare il momento di chiarimento dei fatti anche attraverso lo spostamento del processo ad altra sede”.
La memoria depositata dal premier non è un elemento di prova “interessante”, continuano i magistrati, ma sforzandosi di considerarla tale “nel merito appare ampiamente lacunosa e comunque nel complesso decisamente inattendibile”. Per esempio “l’onorevole Berlusconi sembra ricordare perfettamente che tutte le somme destinate a Tarantini siano state erogate e consegnate in Roma, ma ‘stranamente’ non ricorda né l’importo complessivo delle dazioni né gli importi delle singole trance erogate, né menziona poi tutte le altre utilità da lui stesso destinate a Tarantini, sicuramente apprezzabili e rilevanti ai fini dell’estorsione e della determinazione del ‘tempus’ e del ‘locus delicti’”.
Non è difficile leggere in queste righe l’accusa al premier di voler “pilotare” la competenza dell’inchiesta a Roma. Il caso Napoli, insomma, è tutt’altro che chiuso. L’istanza chiede l’annullamento dell’ordinanza con cui ieri lo stesso gip, Amelia Primavera aveva dichiarato l’incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria napoletana in relazione alla vicenda del presunto ricatto, e aveva annunciato l’invio degli atti a Roma.
La partita giudiziaria si gioca intorno al luogo dove sarebbero stati commessi i reati contestati a Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola. Il gip Primavera basa il trasferimento degli atti a Roma perché nella capitale è avvenuto il “confezionamento” di una busta di banconote per Lavitola, a cura di Marinella Brambilla, segretaria di Berlusconi, che lo ha ammesso nella sua deposizione. Ma, obiettano i pm, non è stato quello l’unico passaggio di denaro dalla presunta vittima, Silvio Berlusconi, ai presunti estorsori. Stando alle memorie depositate da Tarantini e da Berlusconi, è avvenuta invece ad Arcore la riunione in cui si è deciso il famoso stanziamento di 500 mila euro, del quale Tarantini e Lavitola parlano a lungo nelle telefonate intercettate. E questo potrebbe spostare la competenza dell’inchiesta alla Procura di Monza.
A ricordarlo, in interrogatorio, è lo stesso Tarantini. Era una domenica di marzo di quest’anno, l’imprenditore barese si presenta nella residenza brianzola del premier insieme a Lavitola. Mentre attendevano in un salottino, “dissi a Lavitola che mi vergognavo a chiedere i soldi e Lavitola mi disse ‘non ti preoccupare, li chiedo io'”. Di lì a poco l’incontro con Berlusconi: “Non lo vedevo da due anni, ero imbarazzato, credo di essermi anche commosso”. Tarantini manifesta la necessità di denaro per riavviare la sua attività nel campo delle protesi sanitarie. “Il presidente senza neanche pensarci un secondo mi disse che non c’erano problemi e mi fece l’augurio di potermi riprendere economicamente”.
Accanto alle consegne di denaro, ci sono le “altre utilità”. Come l’impiego fittizio offerto a Tarantini dalla cooperativa Andromeda per inziativa, a quanto è stato ricostruito finora, di Lavitola e del legali del presidente Berlusconi. Secondo i pm, alla fine pagava sempre Berlusconi: “La società veniva ristorata da Berlusconi, per il tramite di Lavitola, delle spese sostenute per i contributi e per le tasse che doveva pagare in conseguenza dell’emissione della busta paga” di Tarantini. Cosa che potrebbe provocare un ulteriore imbarazzo al premier: Andromeda è gestita da Bruno Crea, cognato di Natale Alvaro, condannato a 11 anni di reclusione per ‘ndrangheta.
La Digos ne ha perquisito gli uffici romani in viale Castro Pretorio, ma la sede legale si trova a Milano. E sempre a Milano è stata erogata da Berlusconi un’altra “utilità”, cioè la nomina dell’avvocato Giorgio Perroni come legale di Tarantini nel processo sul caso escort: un “validissimo professionista”, scrivono i pm, che all’imprenditore barese non costò un euro. Il “delitto”, in questo caso, si sarebbe consumato a Milano. Ma neppure questo risolve la questione della competenza, dato che ancora “non è noto se le sostanzialmente coeve prime dazioni, siano avvenute prima o dopo il conferimento dell’incarico a Perroni”.
Insomma, obiettano i pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, quando ha sancito la propria incompetenza in favore della Procura di Roma il gip non ha tenuto conto delle nuove carte depositate. Ieri il gip Primavera, sulla base degli atti finora acquisiti aveva stabilito che il procedimento doveva essere trasferito a Roma e il procuratore Giovandomenico Lepore aveva reso noto che gli atti sarebbero stati trasmessi al più presto nella capitale.
Intanto il Tribunale del riesame ha rinviato a venerdì la decisione sulle richieste di revoca o attenuazione della misura cautelare nei confronti di Tarantini, detenuto a Poggioreale, e Lavitola, latitante a Panama. La procura avrebbe ribadito il parere favorevole alla concessione degli arresti domiciliari per Tarantini.