“Berlusconi ha una solidarietà istintiva per riflesso condizionato verso tutti coloro che vengono toccati da vicende giudiziarie”. “Non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”. “Il presidente ha una straordinaria capacita di comprensione delle debolezze umane, io non ce l’ho”. Sono solo alcuni estratti delle 57 pagine della deposizione del 13 settembre scorso ai pm di Napoli, quella in cui Niccolò Ghedini ha ricostruito la vicenda dei 500mila euro donati dal Cavaliere all’imprenditore barese, ma lo ha fatto quasi smarcandosi dall’atteggiamento di Berlusconi. Il Niccolò Ghedini del “mavalà”, colui che rispondeva in contropiede agli accusatori del premier, non c’è più. In scena è tornata la versione soft, quasi dimessa del principale difensore di Berlusconi. Quello che, con un’espressione tecnicamente infelice, definiva “utilizzatore finale” il suo assistito che trascorreva le notti con le ragazze di Tarantini a Palazzo Grazioli. Nel caso del presunto ricatto di Tarantini e Lavitola contro il Cavaliere, lo ha ripetuto più volte ai pm: aveva sconsigliato al presidente di continuare ad avere rapporti con un personaggio come Tarantini, specie dopo il caos scaturito dalla vicenda escort.
Lui stesso ha rifiutato di difenderlo, non accettando in tal maniera la richiesta di Berlusconi, che poi gli aveva chiesto di segnalargli un legale all’altezza. E ai magistrati che gli chiedevano spiegazioni sulla testardaggine del premier a frequentare Gianpi, Ghedini ha spiegato: “Ma veda, il Presidente Berlusconi era graniticamente convinto che tutta la costruzione accusatoria fosse totalmente infondata, non fosse vero niente la storia della droga e che Tarantini era una persona assolutamente impeccabile, che era un bravo imprenditore e che lui non aveva mai visto niente di illecito e che al massimo era venula una o due ragazze e quindi […] era un imprenditore che è stato travolto da una vicenda giudiziaria in cui non c’entra nulla, è stata amplificata perche l’hanno collegata a me e, quindi, è uno a cui bisogna dare una mano perché ingiustamente perseguitato”. I pm lo incalzavano e lui, quasi dando ragione agli inquirenti, ha quasi ammesso: “Sì, d’accordo, no, faccio l’avvocato penalista da non pochissimi anni, posso aver espresso giudizi non collimanti con i suoi, sia su Tarantini, sia su Lavitola, non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”. Il motivo di questo fallimento? Per Ghedini è lapalissiano. Berlusconi è diverso da lui, il presidente è “un uomo che ha una straordinaria capacita di comprensione delle debolezze umane, questa è una cosa che devo dire io non ho, ma fa parte di un certo tipo di bontà d’animo, per cui io ricordo di avergli portato le intercettazioni di commenti su lui fatti da gente di una entourage anni fa. Io avrei strangolato queste persone che erano delle persone magnificate da lui, e lui dice: ma si, ma cosa vuoi? Momenti di debolezza, poi quello che conta e il rapporto personale e tutti possiamo sbagliare”.
Per avvalorare la tesi della bontà d’animo di Berlusconi, Ghedini ha fatto anche un esempio, ricordando un fatto recente. “Quando Giuliano Ferrara scrive: ma com’è possibile che le persone a lui vicine non riescano a fargli – inc.-, io vorrei bastonarlo a Giuliano Ferrara, con grande affetto, perche non è possibile, non è possibile perché lui ha un metro di giudizio diverso”. Evidentemente, il metro di giudizio diverso del premier ha portato quest’ultimo a continuare ad avere rapporti anche con un personaggio come Walter Lavitola, che a Ghedini non sta per nulla simpatico perché ha minacciato di picchiarlo. E anche per spiegare i motivi della reciproca ostilità con l’ex direttore de L’Avanti, il parlamentare Pdl non ha fatto di certo un favore a Berlusconi, visto che ha confessato di esser stato lui, insieme a Gianni Letta, ad aver impedito la candidatura alle elezioni politiche del 2008 di Lavitola in una posizione tale da poter essere letto con una certa facilità. Insomma, se non ci fosse stato lui, il suo “capo” avrebbe messo in un listino bloccato il faccendiere.“Sia io che il dottor Letta – questi in maniera ancor più vivace di me – avevamo sconsigliato il presidente Berlusconi di non frequentare questo signor Lavitola – ha detto Ghedini ai pm – , che sarà una persona simpaticissima, piacevolissima, ma che non ci entusiasmava per ciò che veniva prospettato”.
Berlusconi ascoltò i suoi consiglieri (all’epoca ancora lo faceva) e spiegò i motivi della mancata candidatura al diretto interessato lo venne a sapere, “andò in ufficio dal presidente e, parlando con Marinella (Brambilla, segretaria del premier, ndr), fece delle minacce di tipo fisico. Io posso mai frequentare uno come Lavitola che mi viene a fare minacce di tipo fisico? Mi sono limitato a esprimere un parere, e adesso dice di volermi bastonare fisicamente”. E per confermare il suo senso di antipatia per Lavitola (che tra l’altro Ghedini indica come colui che trovò lavoro a Tarantini), ha aggiunto: “Se lo domandate a Marinella se lo ricorda perfettamente questo episodio”. Coinvolgendo, di fatto, anche la segretaria di Berlusconi nella vicenda. Un tempo, Ghedini avrebbe difeso con i denti Berlusconi; ora invece sembra andare in scena la versione “sdentata” del mastino che fu.