La Procura dopo le piogge dei giorni scorsi ha ordinato prelievi nei punti critici. L'indagine dovrebbe far luce su 30 anni di mala gestione dell'impianto fognario. La difesa di Comune, Provincia e Hera
I sostituti procuratori Davide Ercolani e Stefano Celli – al lavoro su ipotesi di reato (per ora a carico di ignoti) quali epidemia colposa, delitti colposi contro la salute pubblica, lesioni personali colpose, getto di cose pericolose – hanno spedito i militari della sezione navale della Guardia di Finanza in prossimità delle zone più calde per procedere con le analisi ‘in diretta’: ovvero, quando si alzano le paratie per liberare gli scarichi in mare. Con i finanzieri c’era Cinzia Zoli, la biologa incaricata dalla Procura il 15 settembre scorso.
Appena caduto qualche millimetro di pioggia tra domenica e lunedì, il sistema fognario locale è puntualmente naufragato. Come da routine, la decina di “sfioratori di piena” sono entrati in azione attorno alle ore 5 per dirottare gli scarichi altrimenti destinati agli impianti di depurazione. Questo “episodio occasionale di inquinamento”, come tuttora si usa definire la pratica in questione a Rimini, è proseguito fino a mezzogiorno circa.
I magistrati hanno richiesto a Zoli che i primi prelievi fossero portati avanti nelle postazioni critiche (nei pressi di piazzale Kennedy e a Viserba) prima di qualsiasi scarico nell’Adriatico (prima delle ore 12), per confrontare il campione neutro con quelli successivi. Si è proceduto con vari prelievi: nell’acqua di balneazione di fronte allo scarico, a una distanza tale dalla battigia da avere una profondità tra gli 80 e i 120 centimetri, a destra e a sinistra a una distanza di 20-30 metri dall’emissione, a 30 centimetri dal pelo dell’acqua.
L’operazione verrà ripetuta nel tempo, sempre subito dopo l’apertura delle fosse. Una volta esaminati tutti i campioni, la consulente dei magistrati dovrà registrare la posizione esatta di prelievo, le condizioni di aria, acqua, vento, correnti, cielo e così via.
Gli inquirenti, insomma, vogliono capire se esiste qualche correlazione tra l’apertura delle griglie di scarico in mare e un eventuale concomitante aumento di casi di febbri e dermatiti nelle aree circostanti. L’inchiesta della Procura riminese (coordinata dal pm Gemma Gualdi) si sta arricchendo fra l’altro di nuove denunce, che ormai ammontano a una decina, da parte di diversi cittadini che sostengono di aver accusato patologie anche gravi riconducibili agli sversamenti in mare. Sono state sequestrate una serie di cartelle cliniche ‘sospette’, così come tutte le delibere e gli atti autorizzativi negli uffici degli enti pubblici locali. Dopo i blitz dei finanzieri a fine agosto nelle sedi di Provincia, Comune, Hera e Arpa, la prima era uscita con un comunicato per smentire che, come trapelava dalle indagini, uno degli scarichi (il Sacramora 2) in ballo non avrebbe ottenuto la necessaria autorizzazione dal 2009 a questa parte.
“Nessuno scarico abusivo. La normativa in materia di tutela delle acque (Decreto Legislativo 152/06) prevede che lo scarico se già autorizzato e non oggetto di modifiche possa essere mantenuto in funzione fino all’adozione del nuovo provvedimento, qualora la domanda di rinnovo sia stata presentata tempestivamente. E così è stato per lo scarico n. 33 Sf relativo al deviatore Spina/Sacramora”, ha precisato la responsabile del servizio Ambiente della Provincia riminese, Viviana De Podestà.
In ogni caso, ha proseguito De Podestà, “le istruttorie relative alle autorizzazioni di tutti gli scarichi a mare sono state affrontate con la collaborazione di Arpa e Azienda Usl per analizzare gli aspetti ambientali e sanitari recependo le prescrizioni di entrambi gli enti e delle quali sono stati resi edotti il Comune ed Hera rispettivamente per le proprie competenze. La delibera di individuazione e classificazione delle acque di balneazione- ha rimarcato la dipendente della Provincia- riporta tutti i tratti di balneazione interessati da canali o scarichi a mare, fra cui lo stesso deviatore Spina/Sacramora”.
Fin qui l’aspetto amministrativo. Dal punto di vista della gestione delle acque di balneazione, poi, “la Provincia si è resa promotrice di vari incontri con i Comuni per l’applicazione del Decreto Legislativo n.116/08”, ha sottolineato De Podestà con riferimento all’attuazione della Direttiva 2006/7/Ce relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione. In particolare, l’amministrazione provinciale “ha affrontato, coinvolgendo gli organi tecnici (Arpa ed Usl) l’aspetto dell’inquinamento di breve durata dovuto all’apertura degli scolmatori a mare, che su indicazione dell’Azienda Usl prevede in via cautelativa la chiusura temporanea della balneazione per 150 metri a nord e sud dello scolmatore per 48 ore dalla chiusura dello stesso”, ha concluso De Podestà.