Questa mattina Panorama, uno dei giornali al servizio del Caimano, mi dà in fuga verso l’Idv di Antonio Di Pietro. Il settimanale prende come scusa le mie (vere) critiche alla gestione “burocratica” di Futuro e Libertà per raccontare una favola senza appiglio con la realtà. Chiedo ospitalità qui sul Fatto in questo mio blog per smentire ufficialmente una non notizia e cercare di spiegare, in poche righe, cosa sta succedendo all’interno del mondo “finiano”. Magari a quattro gatti interessa ancora.
Il discorso è questo. Sono convinto – insieme a tanti altri – che lo strappo finiano sia stato determinante nell’attuale crollo del sistema di potere berlusconiano. Se siamo a questo punto è anche merito di Gianfranco Fini e di chi, insieme a lui, ha avuto il coraggio di “tradire” il dittatore. “È ora che si faccia qualcosa. Ma colui che oserà agire deve rendersi conto che entrerà probabilmente nella storia tedesca con il marchio del traditore. Se tuttavia rinuncerà ad agire, si ritroverà ad essere un traditore davanti alla propria coscienza”, scriveva Von Stauffenberg prima di “tradire” Adolf Hitler.
Con i toni della farsa siamo ancora a quel punto. Il coraggio di alzare il dito contro il potente. Un coraggio ancor più difficile per gli alleati che verranno impressi per sempre con il marchio del tradimento. Bene, sono tra quelli che pensano che Gianfranco Fini, grazie al gesto liberatorio, grazie alle sue posizioni sulla laicità, sarà tra quelli che potranno far nascere, anche in Italia, una destra democratica, moderna, europea, né populista né reazionaria, figlia della post-modernità, né xenofoba né estremista.
Per raggiungere questo obiettivo a Fini serve un grande movimento di opinione e non un partito delle tessere e di piccoli burocrati. A Fini servono più idee e meno struttura. È anche per questo che ho fondato un piccolo giornale come il Futurista, un settimanale indipendente che, come il Fatto Quotidiano, non riceve e non riceverà soldi pubblici. Un giornale che può dire quello che vuole senza chiedere il permesso a nessuno, nemmeno a Fini. È per questo che abbiamo accettato la difficilissima sfida del mercato. Perché ci crediamo. Perché siamo finiani per scelta e non per obbligo. Perché abbiamo accettato di giocare una partita pericolosa e la porteremo avanti fino in fondo. Altro che Di Pietro.