La Casta ha salvato anche Marco Milanese. 312 sì contro 305 no e parere negativo della Camera all’arresto nei confronti dell’ex braccio destro del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, accusato di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e associazione per delinquere nell’ambito dell’inchiesta P4. Si è trattato, però, di una vittoria striminzita. Le manette per il deputato Pdl, infatti, sono state evitate per soli 7 voti (forse 6, perché quello di Enrico Letta del Pd non sarebbe stato conteggiato). Anzi 3, se si considera che la maggioranza richiesta era di 309 preferenze contrarie all’arresto. E mentre i vertici di Pdl e Lega hanno subito convocato un vertice per comprendere chi fossero i disobbedienti, nella maggioranza è scoppiata la polemica sull’assenza di Tremonti, volato a Washington per la riunione del Fondo monetario internazionale. Per il sottosegretario Daniela Santanché, il comportamento del ministro del Tesoro è stato “semplicemente vergognoso”. In serata, però, è stato lo stesso Milanese ad ‘assolvere’ Tremonti, ampiamente giustificato “perché in missione all’estero”. Ma non basta: le frizioni tra Pdl e ministro restano. Come i dubbi sulla tenuta della coalizione che governa il Paese.
A votazione finita, davanti ai giornalisti Berlusconi si è dichiarato soddisfatto (rispetto al caso Papa, la maggioranza ha recuperato 29 voti), ma subito dopo ha incontrato il leader della Lega, Umberto Bossi. Il motivo? Forse comprendere l’identità degli assenti ingiustificati e, soprattutto, dei sette franchi tiratori che hanno votato a favore del carcere per Milanese, in seguito anche lui a colloquio privato col premier. Quest’ultimo, un attimo prima, ai cronisti che gli chiedevano se fosse arrabbiato per le inchieste che lo riguardano, ha risposto di essere sereno, “perché non ho mai fatto niente di male in vita mia. Anzi, quando posso faccio il bene degli altri”. Sulle intercettazioni del caso Tarantini, invece, il Cavaliere ribattuto col solito refrain: “Ma lo sapete, io sono un tipo a cui piace scherzare. Anche in quella telefonata in cui dicevo che me ne sono fatte otto, è ovvio che scherzavo. Nessuno potrebbe farlo”, così come sarebbe uno scherzo quel “faccio il premier a tempo perso” detto alla Polanco. “Solo una battuta, come se ne fanno tante al telefono” si è giustificato Berlusconi davanti ad alcuni parlamentari Pdl. «Io -ha detto Berlusconi – lavoro dalla mattina alla sera, lavoro venti ore al giorno. E invece la gente legge queste cose, non sente il tono scherzoso, e pensa che io me ne freghi del Paese».
Il salvataggio di Milanese è arrivata al termine di una mattinata convulsa, iniziata alle 9.35 con una riunione del Consiglio dei ministri tenutasi a Palazzo Chigi, in cui il Cavaliere ha incitato i suoi alla coesione sul voto di giornata. “Avanti col governo, no allo Stato di polizia, basta intercettazioni sui giornali e uniti contro le manette”: circa un’ora e mezza di incontro (iniziato alle 9.35 e finito alle 11.10), quindi, per ribadire quanto comunicato ieri dal premier al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e per dare il via libera all’approvazione del piano per le infrastrutture entro la prossima settimana.
Il Cavaliere, inoltre, durante il Cdm sarebbe tornato a parlare anche delle intercettazioni del caso Lavitola-Tarantini e del loro ricatto ai suoi danni. “Contro di me è in atto una persecuzione da parte della solita magistratura politicizzata. Sembra di vivere in uno Stato di polizia” avrebbe detto il Cavaliere prima che iniziasse la riunione, per poi criticare aspramente la pubblicazione degli ascolti telefonici: “Non è possibile assistere ad una cosa del genere – sarebbe il pensiero del capo del governo – in questo modo si stravolge il senso anche di conversazioni puramente scherzose”. A riunione finita, le parole di Giancarlo Galan hanno aggiunto benzina sul fuoco dell’apprensione all’interno della maggioranza a pochi minuti dalla votazione. “Quando c’è voto segreto può accadere di tutto perché scattano meccanismi mentali che nessuno è in grado di prevedere” ha detto il ministro della Cultura, riferendosi a quanto accaduto per il caso di Alfonso Papa.
Sul piano puramente politico, invece, prima di entrare a Montecitorio Umberto Bossi ha seccamente smentito l’ipotesi dell’intesa che sarebbe stata trovata ieri con il presidente del Consiglio. Secondo alcune indiscrezioni, la Lega avrebbe votato contro l’arresto di Milanese – salvando di fatto l’esecutivo – in cambio di un passo indietro di Berlusconi a gennaio prossimo. Per il senatùr, tuttavia, “non esiste nessun accordo”.
Prima del verdetto, tuttavia, non poca preoccupazione tra i banchi della maggioranza, con i rappresentanti del Pdl che, calcolatrici dei telefonini alla mano, hanno fatto e rifatto i conti per esser sicuri di evitare l’arresto a Milanese. Con il senno di poi, il motivo di tanta agitazione è chiaro: si è corso il rischio di non avere i numeri per salvare dalle manette l’ex braccio destro di Tremonti. Che la giornata fosse di fondamentale importanza per il governo, poi, era testimoniato da un altro particolare: nella tribuna stampa di Montecitorio, infatti, c’era la folla delle grandi occasioni, con Bruno Vespa ed Enrico Mentana in prima fila.
Al momento delle dichiarazioni di voto, invece, nessuna sorpresa. Api, Idv, Pd, Udc e Fli favorevoli all’arresto del deputato; Lega e Pdl (Paniz:”C’è fumus persecutionis”) contrari. Poco prima, invece, nell’aula di Montecitorio è arrivato anche Silvio Berlusconi, che ha preferito non rilasciare nessuna dichiarazione ai giornalisti. Il premier ha salutato con grande affetto Umberto Bossi, da poco prima di lui in aula, dove tra i banchi della Lega era presente anche il ministro degli Interni, Roberto Maroni. Assenza rumorosa, invece, quella di Giulio Tremonti, in volo per Washington, dove prenderà parte alla riunione del Fondo monetario internazionale. Per alcuni parlamentari Pdl, la mancata partecipazione del ministro dell’Economia è stata “immorale”. Ben altri i termini scelti da Daniela Santanché: “E’ umanamente vergognoso che il ministro Tremonti oggi non fosse in aula. Nella vita, come in politica, bisogna essere uniti nella buona e nella cattiva sorte. Noi ci abbiamo messo la faccia in nome del garantismo e in difesa delle prerogative del Parlamento. Non abbiamo visto la sua ed è ingiustificabile”.
Alle 12.10 sono iniziate le procedure di voto. Il risultato dopo pochissimi minuti: 312 voti contro 305, la Casta ha salvato anche Marco Milanese. Per soli 7 voti. Missione raggiunta per il Cavaliere, che ha sottolineato la sua soddisfazione: “Andiamo avanti, stiamo lavorando per il meglio”. Poi in conclave con Bossi: i sette franchi tiratori hanno rischiato di far saltare tutto. Se a questo si aggiunge la polemica sulla rumorosa assenza di Tremonti, il sorriso del premier perde smalto. E convinzione. Così come la sua maggioranza.