L’ultimo pittoresco episodio è quello dell’Anzhi Makhachkala, la squadra del Daghestan che quest’estate ha conquistato le cronache italiane con l’acquisto di Samuel Etoo. Il fuoriclasse camerunense ha accettato di trasferirsi dalla Milano da bere in una regione sull’orlo della guerra civile non solo perché così il suo ingaggio passa dai miseri 11 milioni garantiti dall’Inter ad oltre 20, ma anche perché tanto in realtà i giocatori del Makhachkala vivono e si allenano a Mosca, e in Daghestan ci vanno solo quando ci sono le partite in casa, volando ogni volta per 1600 chilometri. Almeno questo in attesa che l’oligarca Suleyman Kerimov costruisca il nuovo stadio da 45.000 posti con una città satellite di extra lusso tutta intorno. Nel frattempo fa incetta di nomi celebri: il campione del mondo Roberto Carlos, il giovane Jucilei da Silva, la star marocchina Mbark Boussoufa e l’ex del Chelsea Yuri Valentinovich Zhirkov.
E così il calcio moderno, stagione dopo stagione, supera ogni orwelliana immaginazione.
Meno male che c’è chi non si arrende e giorno dopo giorno mette le basi per un altro calcio.
Un esempio è la storia dello Shamrock Ravers, la prima squadra irlandese ad accedere alla fase a gironi di un importante torneo Uefa, la Europa Leguae. Certo, ha preso subito tre pappine, ma la morale non cambia. Anche perché solo pochi anni fa lo Shamrock sembrava avere i giorni contati: la prima retrocessione, i conti in disordine e uno stadio atteso da circa 20 anni e che non arrivava mai. E’ a questo punto che entrano in gioco i tifosi, che fondano il loro trust, si comprano la società e pongono le basi per un nuovo calcio partecipato e democratico, dove tutti hanno una testa sulle spalle, e ogni testa vale un voto. E pochi anni dopo eccoli lì, a firmare il debutto europeo del calcio irlandese.
Che i tifosi se la cavino bene a gestire i club lo hanno dimostrato anche quelli dell’AFC Wimbledon. La storia era iniziata una decina di anni fa, quando la Football Association diede il via libera alla prima operazione di Franchising nella storia del calcio inglese: il Wimbledon FC si sarebbe stabilito a Milton Keynes, a circa 100 chilometri di distanza, e dove c’era il vecchio stadio si sarebbe costruita una nuova zona residenziale per giovani yuppies londinesi. Dopo un anno di proteste, i tifosi decidono di prendere il toro per le corna e di ri-fondare la loro società da zero. Ognuno da il suo contributo concreto: c’è chi pulisce la struttura, chi si occupa della sicurezza, chi del merchandising, anche i manager sono semplici tifosi. Ripartono da una serie che è l’equivalente della nostra seconda categoria, ma gli spettatori sono sempre diverse migliaia, e quando vanno in trasferta si ritrovano a seguire le partite seduti sulle balle di fieno che circondano i campetti amatoriali degli avversari. Dopo 9 anni di purgatorio l’anno scorso si sono guadagnati il ritorno nel calcio professionistico.
E’ stato il loro esempio a dare coraggio ai tifosi di Manchester che “amano lo united, ma odiano Glazer”. Questo è lo slogan che oggi rimbomba ogni domenica dagli spalti dello FC United, una squadra nata esplicitamente come protesta “contro il calcio moderno”. Al Manchester United era arrivato il miliardario americano Glazer, trasformando quello che per i tifosi era un pezzo della loro anima in un fenomeno da baraccone globale. Un baraccone che molti dei vecchi affezionati non si potevano neanche più permettere di andare a vedere tanto erano saliti i prezzi per ripagare i debiti miliardari di Glazer. E anche qui la formula è la stessa, ripartire dalle serie infime, rinunciare ai numeri da circo delle stelle del football, ma ricostruire il senso profondo di un rito che da oltre un secolo scandisce la vita di un’intera comunità, costruendosi la propria squadra da zero.
Qui potete vedere un mio filmato di un anno e mezzo fa sull’argomento.