Mai, mai, mai. Mai avremmo pensato di dover celebrare il de profundis del memorabile “Mavalà” ghediniano, nello spazio angusto di questo squarcio di inizio secolo. Mai su queste pagine. Mai con il Cavaliere ancora epicamente impegnato a far danni. Sarebbe come se Mariastella Gelmini si spingesse a dire che le sta a cuore la scuola pubblica, come se Renato Brunetta carezzasse un precario, come se Sabina Began – l’arma letale del Cavaliere – con la sua splendida vocetta flautata, chiamasse Italo Bocchino e gli dicesse: “Sei un ragazzo sensibile, ho letto il tuo sms, e mi ha colpito profondamente. Voglio stare con te perché mi desideri!”. Bestemmia.
“Faccio vita ritirato, io”. L’uomo che riuscì a tramutarsi in un innocente Rasputin del berlusconismo, il Cavaliere templare di Arcore nell’arena teatrale e sbarrata di Annozero, il bardo legislatore capace di riscrivere ogni cavillo del codice civile con la leggerezza di un bulldozer e la precisione chirurgica di un killer sentimentale, pur di salvare anche un solo processo del suo cliente, improvvisamente getta lo spadone e l’armatura, si straccia la toga di primo difensore e davanti ai magistrati dice: “Faccio una vita molto ritirata, sto moltissimo con il Presidente, ma nelle ore di lavoro”. Dopo cena? “Dopo cena no”. Sarebbe come se Noemi Letizia gettasse i suoi zigomi in titanio, le sue labbra lipopneumatiche e le sue protesi siliconate quarta C (coppa larga), come se Pietro Lunardi facesse una vibrante dichiarazione antimafia, come se mentre scoppia una catastrofe mondiale, Franco Frattini non si facesse sorprendere in settimana bianca. Mai mai mai. Anzi, impossibile.
Ecco perché occorre dire che il “Mavalà” fu davvero l’epigrafe di un’epoca, l’icona di una stagione di teleguerriglia, uno stendardo azzurro. Ed era stata proprio la china alata del nostro The Hand (subito raccolta e celebrata dalla penna di Marco Travaglio) a fare di quell’intercalare un sistema di pensiero. Quando Ghedini gridava “Mavalà” ad Annozero, nel paese si fermavano gli orologi, i bimbi insonni cessavano il pianto. In quel volto opalescente e crisantemico si riassumeva qualcosa di più di un grumo di berlusconismo avvocatizio: c’era il senso di sdegno della grande borghesia produttiva e anti-intellettuale del Nord, in quel moto di sdegno appena filtrato dalle lenti a goccia di vetro, c’era il riverbero di un blocco sociale che il centrodestra seppe catalizzare prima che i sogni finissero.
Adesso Ghedini va dai magistrati con tono dimesso, non si avvale nemmeno del segreto professionale, ci tiene a segnare la differenza fra se stesso e il presidente del Consiglio. Sono una donna / non sono una santa, sono il suo difensore, non sono mica un suo amico, un frequentatore di “cene eleganti”. Leggere per capire: “Non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”. E anche: “Il presidente ha una straordinaria capacità di comprensione delle debolezze umane, io non ce l’ho”. Notare la perfida ironia dell’aggettivo “umane” riferito a Tarantini. Insomma, alla stessa velocità implacabile in cui la luce sgretola il regno dell’ombra nel finale epico della trilogia tolkieniana, il crepuscolo del berlusconismo annichilisce le trasfigurazioni che costituirono lo scudo del Cavaliere.
Neanche Di Pietro. Ghedini non parla. Ghedini adesso si dissocia: “Il presidente mi pare che abbia detto: ‘A Tarantini gli ho fatto avere 500 mila euro’. E io gli ho detto: ‘Quando, come, perché?’ Quando ho saputo questa cosa non ho reagito entusiasticamente, soprattutto quando ho saputo che la dazione era avvenuta tramite Lavitola”. Adesso, per cortesia, pesate le parole, perché Ghedini con le parole ci vive, ci produce reddito. Ghedini è pagato all’ora, come gli avvocati americani, mille euro all’ora, mille euro per tremila parole, quando noi diciamo “mavalà, mavalà, mavalà” prendiamo fiato, quando lo dice Ghedini ha già guadagnato un euro. Ghedini era discepolo e profeta del Berlusconi che schioccava tre volte le dita davanti alla stampa estera e diceva: “In questi tre secondi ho già guadagnato tremila euro”.
Ed è per questo che Ghedini non può dire “dazione”, e associare questa parola contundente a Berlusconi. Perché “dazione” è il vocabolo dipietrese con cui l’ex pm più famoso d’Italia ha battezzato le tangenti di Mani Pulite. Quando dice “dazione” davanti ai magistrati è come se Ghedini stesse dando a Berlusconi del corrotto davanti ai giudici che lo indagano, è come se fosse diventato per il Pdl quello che Roberto Peci è stato per le Br. E dire che Ghedini era l’uomo che con le parole costruiva giochi di prestigio, quello che nascondeva il concetto di puttaniere dietro la meravigliosa invenzione burocratica dell’“utilizzatore finale”. Che poi non voleva dire un beneamato cavolo, ma sempre meglio di quello che voleva nascondere, era. Ghedini che dice “Sì, d’accordo, no, faccio l’avvocato penalista da non pochissimi anni, posso aver espresso giudizi non collimanti con i suoi, sia su Tarantini, sia su Lavitola, non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”.
L’infiltrato ad Arcore. È il proclama di una resa. È come se Mara Carfagna avesse davvero letto la letteratura francese che raccontava di aver divorato da ragazza in una sdegnata replica a Filippo Facci, è come se Susanna Petruni pensasse davvero che la farfalla è un insetto, è come se Augusto Minzolini facesse uno dei suoi video-editoriali sul processo Mills, e si ricordasse di dire che non è stato assolto. Di fronte a questa metamorfosi del “Mavalà”, non si può che applaudire il primo pentito del berlusconismo, esattamente come il generale Alberto Dalla Chiesa considerò Peci un eroe dell’anti-terrorismo. Quando si arriverà al 25 aprile, per cortesia, facciamogli avere un salvacondotto speciale e una medaglia. Ormai è un nostro infiltrato. Ghedini è il Donnie Brasco del Fatto ad Arcore di questo iridescente fine regime.
Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2011
Vignetta di The Hand. Per ingrandire clicca qui
Luca Telese
Giornalista
Politica - 22 Settembre 2011
Il pentimento dell’on. avv. “Mavalà” Ghedini
“Faccio vita ritirato, io”. L’uomo che riuscì a tramutarsi in un innocente Rasputin del berlusconismo, il Cavaliere templare di Arcore nell’arena teatrale e sbarrata di Annozero, il bardo legislatore capace di riscrivere ogni cavillo del codice civile con la leggerezza di un bulldozer e la precisione chirurgica di un killer sentimentale, pur di salvare anche un solo processo del suo cliente, improvvisamente getta lo spadone e l’armatura, si straccia la toga di primo difensore e davanti ai magistrati dice: “Faccio una vita molto ritirata, sto moltissimo con il Presidente, ma nelle ore di lavoro”. Dopo cena? “Dopo cena no”. Sarebbe come se Noemi Letizia gettasse i suoi zigomi in titanio, le sue labbra lipopneumatiche e le sue protesi siliconate quarta C (coppa larga), come se Pietro Lunardi facesse una vibrante dichiarazione antimafia, come se mentre scoppia una catastrofe mondiale, Franco Frattini non si facesse sorprendere in settimana bianca. Mai mai mai. Anzi, impossibile.
Ecco perché occorre dire che il “Mavalà” fu davvero l’epigrafe di un’epoca, l’icona di una stagione di teleguerriglia, uno stendardo azzurro. Ed era stata proprio la china alata del nostro The Hand (subito raccolta e celebrata dalla penna di Marco Travaglio) a fare di quell’intercalare un sistema di pensiero. Quando Ghedini gridava “Mavalà” ad Annozero, nel paese si fermavano gli orologi, i bimbi insonni cessavano il pianto. In quel volto opalescente e crisantemico si riassumeva qualcosa di più di un grumo di berlusconismo avvocatizio: c’era il senso di sdegno della grande borghesia produttiva e anti-intellettuale del Nord, in quel moto di sdegno appena filtrato dalle lenti a goccia di vetro, c’era il riverbero di un blocco sociale che il centrodestra seppe catalizzare prima che i sogni finissero.
Adesso Ghedini va dai magistrati con tono dimesso, non si avvale nemmeno del segreto professionale, ci tiene a segnare la differenza fra se stesso e il presidente del Consiglio. Sono una donna / non sono una santa, sono il suo difensore, non sono mica un suo amico, un frequentatore di “cene eleganti”. Leggere per capire: “Non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”. E anche: “Il presidente ha una straordinaria capacità di comprensione delle debolezze umane, io non ce l’ho”. Notare la perfida ironia dell’aggettivo “umane” riferito a Tarantini. Insomma, alla stessa velocità implacabile in cui la luce sgretola il regno dell’ombra nel finale epico della trilogia tolkieniana, il crepuscolo del berlusconismo annichilisce le trasfigurazioni che costituirono lo scudo del Cavaliere.
Neanche Di Pietro. Ghedini non parla. Ghedini adesso si dissocia: “Il presidente mi pare che abbia detto: ‘A Tarantini gli ho fatto avere 500 mila euro’. E io gli ho detto: ‘Quando, come, perché?’ Quando ho saputo questa cosa non ho reagito entusiasticamente, soprattutto quando ho saputo che la dazione era avvenuta tramite Lavitola”. Adesso, per cortesia, pesate le parole, perché Ghedini con le parole ci vive, ci produce reddito. Ghedini è pagato all’ora, come gli avvocati americani, mille euro all’ora, mille euro per tremila parole, quando noi diciamo “mavalà, mavalà, mavalà” prendiamo fiato, quando lo dice Ghedini ha già guadagnato un euro. Ghedini era discepolo e profeta del Berlusconi che schioccava tre volte le dita davanti alla stampa estera e diceva: “In questi tre secondi ho già guadagnato tremila euro”.
Ed è per questo che Ghedini non può dire “dazione”, e associare questa parola contundente a Berlusconi. Perché “dazione” è il vocabolo dipietrese con cui l’ex pm più famoso d’Italia ha battezzato le tangenti di Mani Pulite. Quando dice “dazione” davanti ai magistrati è come se Ghedini stesse dando a Berlusconi del corrotto davanti ai giudici che lo indagano, è come se fosse diventato per il Pdl quello che Roberto Peci è stato per le Br. E dire che Ghedini era l’uomo che con le parole costruiva giochi di prestigio, quello che nascondeva il concetto di puttaniere dietro la meravigliosa invenzione burocratica dell’“utilizzatore finale”. Che poi non voleva dire un beneamato cavolo, ma sempre meglio di quello che voleva nascondere, era. Ghedini che dice “Sì, d’accordo, no, faccio l’avvocato penalista da non pochissimi anni, posso aver espresso giudizi non collimanti con i suoi, sia su Tarantini, sia su Lavitola, non ho ottenuto nessuno dei risultati che mi prefiggevo”.
L’infiltrato ad Arcore. È il proclama di una resa. È come se Mara Carfagna avesse davvero letto la letteratura francese che raccontava di aver divorato da ragazza in una sdegnata replica a Filippo Facci, è come se Susanna Petruni pensasse davvero che la farfalla è un insetto, è come se Augusto Minzolini facesse uno dei suoi video-editoriali sul processo Mills, e si ricordasse di dire che non è stato assolto. Di fronte a questa metamorfosi del “Mavalà”, non si può che applaudire il primo pentito del berlusconismo, esattamente come il generale Alberto Dalla Chiesa considerò Peci un eroe dell’anti-terrorismo. Quando si arriverà al 25 aprile, per cortesia, facciamogli avere un salvacondotto speciale e una medaglia. Ormai è un nostro infiltrato. Ghedini è il Donnie Brasco del Fatto ad Arcore di questo iridescente fine regime.
Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2011
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B.COME BASTA!
di Marco Travaglio 14€ AcquistaArticolo Precedente
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Ma nella maggioranza ci sono 7 franchi tiratori
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Napoli, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - In una Campania in crescita, ma ancora segnata dal fenomeno della fuga di talenti, il legame tra formazione universitaria e sviluppo economico diventa cruciale. Se ne è discusso presso la Sala D’Amato dell’Unione Industriale Napoli, durante l’evento 'Muoversi nelle professioni e sul territorio', promosso dalla Luiss e dedicato alle lauree magistrali dell’Ateneo.
“La Luiss lavora in prima linea per costruire corsi di laurea magistrale strettamente legati alle necessità del mercato del lavoro. Pur avendo sede a Roma, dedichiamo particolare attenzione alla Campania, seconda regione di provenienza dei nostri studenti e territorio ricco di opportunità nei settori chiave come turismo, agroalimentare e aerospazio. Il nostro obiettivo è collaborare con le imprese campane affinché i nostri studenti possano realizzarsi professionalmente all’interno di esse, raggiungendo posizioni apicali”, ha spiegato Enzo Peruffo, Dean della Graduate School Luiss e responsabile dello sviluppo dei percorsi magistrali dell’Ateneo.
Durante l’incontro sono state illustrate anche le caratteristiche dell’offerta formativa Luiss: “E' importante farsi guidare dalle proprie passioni e dai propri interessi, ma anche essere pronti a sviluppare nuove competenze trasversali, saper dialogare con l’intelligenza artificiale con solide competenze verticali e lavorare sulle life skills, le cosiddette competenze della vita. Solo così si potranno affrontare le trasformazioni attuali e future. Per noi è fondamentale interagire con tutte le realtà del territorio, da cui traiamo spunto per disegnare un’offerta formativa sempre più aderente alle esigenze del mercato del lavoro. Il nostro obiettivo è formare studenti altamente preparati, motivati e appassionati, in grado non solo di entrare nel mondo del lavoro, ma di costruire percorsi di carriera soddisfacenti e di successo”.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Procederemo a tutelare la reputazione e l’onorabilità dello studio legale Giarda nelle opportune sedi competenti, come, del resto, già avvenuto in passato nei confronti dello stesso avvocato Massimo Lovati, confidando che questa vicenda possa finalmente trovare la giusta definizione, da tempo auspicata anche dal fondatore dello studio". Gli avvocati Fabio ed Enrico Giarda, ex difensori di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, replicano così alle affermazioni del difensore di Andrea Sempio, nuovamente indagato per il delitto di Garlasco, che ha sostenuto che "l'indagine del 2017 è stata frutto di una macchinazione".
Dichiarazioni ritenute dai fratelli Giarda "del tutto gratuite e gravemente lesive. L'avvocato Lovati evidentemente dimentica che la denuncia a suo tempo presentata nel 2017 da Andrea Sempio nei confronti dello studio legale Giarda e degli investigatori incaricati è stata archiviata nel 2020 dal gip di Milano, che nella sua ordinanza ha certificato l’assoluta correttezza dell’attività di raccolta e successiva estrazione dai reperti".
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Quella di oggi, per il governatore Francesco Rocca, è “una bella giornata, che ci ricorda da un lato quanto è bello vivere e rappresentare questa regione, ma soprattutto l’importanza di essere accompagnati in questo viaggio e in questo anno particolare, che è un’occasione che non possiamo perdere, fra Giubileo e l’Expo di Osaka. Sono grato al Niaf per la capacità di custodire l’elemento valoriale con la necessità di andare oltre ai confini. Questa è la conseguenza naturale di valori che non si è mai persa: la comunità italoamericana non deve perdere le sue radici, la consapevolezza, e l’orgoglio di essere italiani”.
“I 20 milioni di italoamericani sono i migliori ambasciatori dell’Italia nel mondo - afferma il presidente Niaf Robert Allegrini - e nel nostro 50mo anniversario non potevamo che scegliere il Lazio: abbiamo voluto condividere l’occasione con la regione che ospita la capitale d’Italia, non potevamo fare altrimenti, per dimostrare che il Lazio non è solo il Colosseo e la Fontana di Trevi ma che è una Regione che guarda al futuro”. Un legame quello con il Lazio che si fa anche con il cibo ma non solo. Un piatto su tutti: le Fettuccine alla Alfredo: “Poter portare a Washington Mario Mozzetti del ristorante Alfredo alla Scrofa, uno dei più grandi ambasciatori del Lazio negli Stati Uniti e di avere l'opportunità qua a Roma di andare al ristorante dove è nato questo piatto iconico per me è un motivo di grande soddisfazione”. Per Mario Mozzetti, “è un vero sogno andare alla convention Niaf di Washington e portare le fettuccine alla Alfredo. Portare questo piatto è un orgoglio anche a livello storico: portare Alfredo alla Scrofa negli Stati Uniti significa raccontare la storia che collega idealmente, ma non solo, l’Italia e gli Stati Uniti”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Lazio è “Regione d’Onore Niaf 2025”. Un evento che ricade nel 50mo anniversario della National Italian American foundation, la più grande associazione di italoamericani. Lo slogan è chiaro: “All you need is Lazio”, fra sapori autentici, la storia incisa nella pietra, meraviglie naturali, benessere e relax, arte e artigianato, la magia del cinema, innovazione e aerospazio, eccellenza accademica e un patrimonio culturale unico. “È un grande riconoscimento - afferma Roberta Angelilli, vicepresidente e assessore a Sviluppo economico, Commercio, Artigianato, Industria, Internazionalizzazione della Regione Lazio - in cui saremo protagonisti a 360 gradi. Saranno coinvolte 20 startup e pmi innovative oltre a 18 grandi imprese che saranno attori protagonisti. Non è solo un grande evento ma è una vera missione di sistema. Ma non ci saranno solo le imprese: saranno coinvolte anche università e centri di ricerca. Startup. Gli obiettivi, netti e chiari - prosegue Angelilli - sono un piano di networking per una forte connessione con le imprese. L’altra sfida è l’ attrazione degli investimenti”. Per Amedeo Teti, capo Dipartimento per il Mercato del Mimit, “la Regione Lazio merita questa posizione di Regione d’onore. Il Lazio è da sempre attrattore di grandi investimenti. Secondo il Financial Times poi solo nel 2024 l’Italia ha attratto 35,5 miliardi di investimenti e ha creato 36mila posti di lavoro”.