Il caso Penati continua a far discutere. Anche dentro il Pd. Ne abbiamo parlato anche alla Festa del Fatto Quotidiano, a Pietrasanta. Ci è arrivata a questo proposito una lettera del segretario del Pd di Pietrasanta, che protesta per alcune affermazioni fatte durante un dibattito (“C’era una volta la politica”).
No. Il confronto che tentavamo di fare alla Festa del Fatto era semplice. Partiva da un dato concreto: già la Tangentopoli della Prima Repubblica, quella scoperchiata dai magistrati di Mani Pulite, aveva tra i suoi protagonisti anche uomini del centrosinistra. Sì, c’erano anche le “tangenti rosse”: coinvolti uomini del partito (il Pci, poi Pds, poi Ds) e delle coop. E oggi? Il “caso Penati” ripropone il tema dei finanziamenti illeciti (e della corruzione e della concussione) a sinistra. Quali differenze tra ieri e oggi, tra Prima e Seconda Repubblica? Mani Pulite ha svelato un sistema in cui le tangenti erano un sistema centralizzato, con percentuali fisse e canali ufficiali che confluivano a Roma, per poi finire nei conti (esteri) dei segretari amministrativi.
Le nuove Tangentopoli della Seconda Repubblica sono invece destrutturate. Perché i partiti-ideologia hanno lasciato il posto a quelli personali, ai signori della guerra che controllano pezzi di apparato, gruppi di amministratori pubblici, sistemi di servizi locali (la sanità, per esempio, o i trasporti), oppure aree geografiche in cui sono radicati. Ci sono tanti vassalli e valvassori, cacicchi che consolidano un loro potere locale e poi trattano con i gruppi centrali dell’apparato. I partiti sono sempre più federazioni di gruppi e d’interessi ed esistono figure che hanno, di fatto, un loro partito personale. Anche a sinistra: basti pensare a Massimo D’Alema. Il cosiddetto “sistema Sesto” ha dimostrato che Penati, al di là delle responsabilità penali sulle quali decideranno i giudici, aveva costruito, grazie alle capacità di raccogliere finanziamenti, un gruppo di potere che aveva via via accresciuto le sue capacità d’influire sul partito, a Milano, ma anche a Roma.
Allora il richiamo alle migliaia di militanti onesti e generosi, o ai martiri della legalità, invece di essere fatto per tentare di coprire le illegalità di partito, dovrebbe far scattare l’indignazione della maggioranza di cittadini onesti che vedono il loro partito e il loro impegno sporcati da una minoranza fin troppo rumorosa.
Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2011