Papa Benedetto XVI è recentemente tornato sul tema dei preti pedofili, affermando che “capisce chi lascia la Chiesa”. Negli ultimi anni, infatti, si sono moltiplicati – soprattutto in Germania – i casi di fedeli che hanno chiesto di non appartenere più alla Chiesa Apostolica Romana, colpiti negativamente dai troppi scandali sessuali che hanno colpito la Curia un po’ in tutto il mondo e dall’atteggiamento della Chiesa.
L’intervento del papa giunge, peraltro, dopo la richiesta di alcune associazioni statunitensi di processare Ratzinger e altri prelati alla Corte Internazionale de L’Aja per crimini contro l’umanità , in ragione del presunto comportamento di tolleranza e copertura dei prelati coinvolti. Alcuni siti web evidenziano che non sarebbe la prima volta, posto che Benedetto XVI avrebbe evitato un processo analogo dinanzi alla Corte del Texas solo avvalendosi della propria immunità di capo dello Stato Vaticano.
La reazione ufficiale della Chiesa sembra però essere molto distante da questa dichiarata comprensione del Santo Padre. Infatti, chi chiede di non essere più iscritto nel registro dei fedeli cattolici , non riceve una semplice presa d’atto, ma una formale scomunica del Vescovo, con la quale si annunzia l’ingresso nello stato di peccato mortale e tutte le altre conseguenze che la Chiesa cattolica determina nei confronti di chi se ne allontana, compresa l’irrogazione della pena massima prevista dal codice canonico.
Da giurista, mi chiedo però come si possa addebitare una colpa – e irrogare la più grave delle pene canoniche – in conseguenza di un fatto (il battesimo) che nella maggior parte dei casi è avvenuto in modo del tutto inconsapevole e a pochi mesi di vita, in tal modo biasimando il comportamento di chi (solo) in età adulta ha finalmente potuto esprimere in modo libero e consapevole una scelta di vita, abbracciando una diversa fede religiosa o l’ateismo.