La grande discarica dovrebbe chiudere a dicembre, il governo nomina commissario straordinario il prefetto Pecoraro. Urgono nuovi siti e l'imprenditore delle discariche fa pressing sulle istituzioni
Ha un compito delicato: scegliere un sito alternativo a Malagrotta che dopo diverse proroghe dovrebbe chiudere nel prossimo dicembre. Mentre Pecoraro cerca il sito, Manlio Cerroni, padrone della partita rifiuti, titolare della mega cloaca di Malagrotta, propone il suo piano. La Capitale ha una raccolta differenziata che non supera il 25% (la legge prevede il 65%entro il 2012) e ha urgente necessità di un invaso dove smaltire il pattume prodotto ogni giorno: 4 mila tonnellate. Pecoraro ha 45 giorni di tempo per trovare uno o più siti in grado di ingoiare i rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato della città del Vaticano, il 55% della produzione totale della regione, per i prossimi 3 anni. E se bisogna fare presto, si prevede la logica della “somma urgenza” per l’affidamento.
“Crediamo che chi non è in grado di gestire in amministrazione ordinaria, pianificando e programmando, secondo i principi di democrazia e trasparenza – denuncia Vanessa Ranieri, presidente Wwf Lazio – mostri l’inadeguatezza del proprio ruolo a cui non possono che far seguito le dimissioni dalla presidenza di una regione che ha il diritto di essere ben amministrata e non commissariata su temi tanto delicati che riguardano ambiente e la salute delle popolazioni”.
Il presidente della Regione Renata Polverini non si scompone, anzi rassicura i cittadini con manifesti e proclami, ma l’ordinanza di commissariamento parla chiaro e giudica: “Grave la situazione determinatasi nella gestione dei rifiuti in ragione del prossimo esaurimento delle volumetrie residue della discarica di Malagrotta”. Ma non solo. Nell’ordinanza si ricorda anche la lettera di costituzione in mora inviata al governo italiano dalla commissione europea per la gestione del sito di Malagrotta, una gestione definita “inadeguata e non conforme alla normativa comunitaria di riferimento”.
Il governo giustifica il commissariamento vista “la situazione di grave rischio sotto il profilo igienico sanitario, ambientale nonché in materia di ordine pubblico determinatasi nei territori che attualmente utilizzano la discarica”. Ma Manlio Cerroni ha già la sua ricetta. E quando la propone parla da vero governatore della Regione, visto che nei fatti, può affondare Roma coprendola di rifiuti se solo chiudesse qualche giorno il mega invaso di Malagrotta. Lui attende la scelta dei prossimi siti per capire se i partiti seguiranno i suoi ‘consigli’ contenuti in una missiva inviata alle autorità regionali, nello scorso giugno, e qualche giorno fa in un articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore.
Per l’avvocato, proprietario dell’emittente Roma uno e presidente del Consorzio laziale rifiuti, il rischio emergenza a Roma è “una litania, allarme assolutamente ingiustificato”. Cerroni presenta così il suo piano: “Da tempo ho provveduto a individuare e preparare, forte della mia esperienza, soluzioni alternative a Malagrotta”. L’assessore ai rifiuti della Regione, Pietro di Paolo, marito della deputata Barbara Saltamartini, può tornare ad altro impiego, Cerroni ha già tutto pronto. “I rifiuti indifferenziati – scrive sul giornale di Confindustria – e non (cimiteriali, da spazzamento stradale ecc), che per loro natura richiedono lo smaltimento in discarica, hanno a disposizione ben due siti (…): Monti dell’Ortaccio e Pian dell’Olmo”.
Poi arriva l’invito alla regione Lazio: “E’ nella piena facoltà di rilasciare le connesse autorizzazioni fin da subito per preparare per tempo l’invaso”. L’alternativa, a Malagrotta si può trovare anche in altri siti “nell’ambito dei sette che la Regione ha approssimativamente indicato ‘con metodo garibaldino’”. Poi la stoccata finale: “La discarica di Malagrotta ha rappresentato e rappresenta da trent’anni la fortuna e la salvezza di Roma, grazie allo smaltimento garantito di rifiuti e fanghi (circa 40 milioni di tonnellate)”.
Cerroni propone, giudica e ricorda, ma nessuno risponde. Dopo la lettera né Renata Polverini, né il sindaco di Roma Gianni Alemanno hanno replicato alle parole del magnate della munnezza. Quella di Cerroni è una holding internazionale, con le mani in diverse aziende, una schiera di professionisti a curarne gli interessi e incroci societari. L’azienda Sorain Cecchini di cui Cerroni è presidente ha il 55% del capitale sociale della Gesenu, la spa che gestisce i rifiuti al comune di Perugia che ne detiene il 45%. Gesenu ha vinto appalti per la raccolta del pattume anche all’estero, in Italia in diverse regioni: Campania, Sicilia e Sardegna.
Proprio sull’isola c’è un processo in corso a carico del legale rappresentante della Gesenu spa Rosario Carlo Noto La Diega per attività di gestione di rifiuti non autorizzata. La difesa è affidata all’avvocato Pietro Diaz che spiega: “Dimostreremo l’insussistenza dell’accusa”. La Diega è oggi è nel cda della Gesenu dove figurano come consigliere Manlio Cerroni e la figlia Monica, presidente di Assoambiente.
Torniamo al Lazio. Basta rileggere l’ultima relazione della commissione parlamentare ecomafie per avere il dettaglio delle discariche e di chi le gestisce. Malagrotta è in mano a Cerroni, attraverso la società ‘E.Giovi srl’, il cui titolare è Francesco Rando. Quest’ultimo è stato condannato nel 2008 in primo grado (è in corso l’appello) a un anno di arresto e quindici mila euro di ammenda per aver fatto smaltire rifiuti pericolosi nella discarica ed è sotto processo in un altro procedimento per diversi reati ambientali.
Ad Albano, lo schema si ripete. La Pontina Ambiente gestisce la discarica e l’impianto di trattamento meccanico biologico. La Pontina Ambiente è del gruppo Cerroni. Il Tar ha bocciato la costruzione di un inceneritore in quel territorio, ora si attende il verdetto del consiglio di stato. Dietro il business del forno che brucia rifiuti c’è una società mista che tiene insieme il Colari di Cerroni e la coppia Ama-Acea. Lo stesso accade a Guidonia, Latina e Viterbo. Nella città dei papi, l’uomo di fiducia in questo caso è l’avvocato Bruno Landi, presidente di Federambiente Lazio, amministratore unico della società che gestisce la discarica, la Ecologia Viterbo srl, proprietà di Manlio Cerroni. Landi è un socialista, negli anni ’80 è stato anche presidente della regione Lazio, impegnato nella fondazione ‘Riformismo e libertà’, presieduta dal capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto, al quale Landi è molto vicino.