Per quanto tempo abbiamo detto e ripetuto che se riusciremo a liberarci di Berlusconi, prima o poi, non sarà tanto facile liberarci del berlusconismo? Perché le “nuove generazioni”, cresciute nutrendosi di un pastone di winnerismo da spot pubblicitario, porteranno a lungo nel tempo i frutti del delirio psicotico-americanoide dell’uomo di Arcore? Non è vero: il vero problema non sono certi ragazzi o certi giovani ma certi nonni.

Quelli che hanno in Emilio Fede che insulta Vendola il loro alfiere. Quei nonni in cui mi sono re-imbattuto io nella notte di giovedì quando, per uno strano scherzo del destino, primo: ho ri-visto in Doc3 (ottimo il Viaggio nella disperazione italiana) le nonne e i nonni che recitavano i loro salmi a Silvio davanti al palazzo di giustizia di Milano: e poi nella notte insonne, come in un incubo, mi sono reimbattuto nella Tv della libertà che rimandava a manetta il clip di Meno Male che Silvio c’è, nel quale il finto cantante più giovane aveva 70 anni, due bypass, una confezione di Algasiv sul comodino e i diari del Duce sullo scaffale dei libri. A fianco della Bibbia, ovvio. Una canea di nostalgie di Salò, di comunisti dietro l’angolo, di giovani che non hanno voglia di lavorare, di feste con i ragazzi che però i ragazzi non ci sono, di capigliature cotonate.

Il berlusconimo non ha solo decerebrato certi giovani: ci ha rubato i nonni. Molti, almeno. He relegato in cantina quelli che consegnavano esperienze e indicavano la strada. I berluscononni al massimo indicano ai nipoti lo scomparto segreto (segreto…) della Mercedes dove nascondere i soldi da portare a Lugano.

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