Un'inattesa campagna di solidarietà per il manager della sanità di Pavia che nelle intercettazioni si vantava di essere un "capo della 'ndrangheta". In un anno ha perso 27 chili e i suoi avvocati ne chiedono la libertà. Ma il Tribunale di Milano si oppone
Dall’inizio della detenzione nel luglio 2010, l’ex direttore dell’Asl, accusato di aver favorito consapevolmente le mosse dell’organizzazione criminale della ‘ndrangheta, ha perso 27 chili, è in uno stato depressivo cronico ed è affetto da numerose patologie. Il tutto aggravato dal fatto che la struttura carceraria di Monza non dispone di un centro medico interno al carcere.
E’ il perito nominato dal Tribunale di Milano, Marco Scaglione, a segnalare il peggioramento delle condizioni di Chiriaco, che con le sue dichiarazioni nel processo ripreso dopo la pausa estiva potrebbe fare luce su fatti e misfatti della sanità pavese e lombarda, e sui rapporti di queste con le organizzazioni mafiose presenti sul territorio. A metà agosto i legali della difesa Oliviero Mazza e Nico D’Ascola avevano presentato, proprio in virtù della relazione del perito del tribunale, istanza di libertà al tribunale stesso, che però ha rifiutato, concordando con le conclusione del perito, che individuava una “forte necessità di una seria presa in carico da parte di uno specialista clinico, interno o esterno alla struttura”, ma “le attuali condizioni di salute di Chiriaco non sono comunque tali da controindicarne in assoluto la prosecuzione del regime carcerario”.
Inoltre a preoccupare sono le condizione psicologiche del detenuto, che rifiuta di alimentarsi. Scrive il perito nella relazione, che Chiriaco rifiuta il cibo “non tanto in maniera consapevole, quanto per un disinteresse nei confronti della vita”. E’ partito anche un appello per chiedere gli arresti domiciliari. Il promotore dell’appello, a cui hanno aderito personalità come Luigi Manconi, don Andrea Gallo e padre Alex Zanotelli è Giovanni Giovannetti, autore del libro “Sprofondo Nord” che ha narrato molti dei misfatti pavesi entrati nell’inchiesta ‘Infinito’.
“Siamo giornalisti, scrittori, studiosi, preti e operatori che in questi anni non hanno mai fatto mancare appoggio all’operato della magistratura – si legge nell’appello – e in particolare a chi è schierato in prima linea sul fronte dell’antimafia”. Ma, conclude l’appello: “Gentili magistrati, restiamo convinti che il principio di giustizia debba nutrirsi anche di umanità, la stessa che ci porta a sentire ormai giunta – se non varcata – la soglia oltre la quale, anche per Chiriaco, la detenzione è da ritenere assolutamente incompatibile con il regime carcerario; e più che mai urgente il passaggio a misure meno afflittive, come a noi paiono gli arresti domiciliari”.
Una richiesta che ha sorpreso anche la figlia di Carlo Chiriaco, Eva, che non ha potuto fare a meno di notare come questo appello sarebbe dovuto partire dalle personalità vicine al padre, che invece lo hanno scaricato immediatamente. Soprattutto quei politici locali e non che in passato sono sempre rimasti in stretti contatti con l’ex direttore dell’Asl di Pavia.
Chiriaco è imputato insieme ad altre 33 persone per reati di mafia, e il processo è un’occasione per capire, oltre i meccanismi delle famiglie di ‘ndrangheta in Lombardia, anche alcuni aspetti poco chiari sulla gestione della sanità lombarda. La testimonianza di Chiriaco è preziosa e importante, anche per fare luce sul suicidio di Pasquale Libri, 37 anni, dirigente del settore appalti del San Paolo di Milano, anche lui indagato nella stessa inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nella sanità lombarda e in contatti stretti proprio con Carlo Chiriaco.
Altro fronte aperto per Chiriaco è il processo che si celebra a Pavia, in cui è coinvolto anche l’ex assessore comunale al commercio Pietro Trivi. L’accusa è di corruzione elettorale e la sentenza potrebbe arrivare lo stesso 12 ottobre alla ripresa del processo, dopo la testimonianza dell’attuale sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo.
di Luca Rinaldi