Berlusconi vada a casa. A invocarlo non è Antonio Di Pietro e qualcuno del Pd, ma di due parlamentari della maggioranza, storici esponenti della Democrazia cristiana, sopravvissuti agli ultimi trent’anni dei Palazzi: Beppe Pisanu e Calogero Mannino. Entrambi escono allo scoperto e criticano l’esecutivo. Perquanto finora abbiano votato sempre con la maggioranza. Ma qualcosa si è ormai definitivamente incrinato. E la Balena Bianca comincia a indignarsi.
Il primo a bocciare l’esecutivo e chiedere un nuovo governo è stato Beppe Pisanu. “C’e’ un’evidente sfiducia dei mercati nei confronti dell’Italia che ha motivazioni egualmente forti sia sul piano economico che su quello politico”, ha detto il senatore del Pdl a Cagliari a margine della Festa democratica. “Sono convinto che allo stato attuale delle cose – ha sottolineato Pisanu – l’unica via d’uscita sia rappresentata dalla costituzione di una larghissima maggioranza parlamentare che dia all’esterno l’impressione netta di un Paese che mobilita tutte le sue energie per fronteggiare e superare la crisi”. Sull’intenzione del presidente del Consiglio, Berlusconi, di andare comunque avanti nonostante i tanti inviti a dimettersi, Pisanu ha commentato: “Cosa succederà nei prossimi giorni non lo so, molto dipenderà dalle decisioni del presidente Berlusconi, ma più ancora dalle decisioni dei mercati e delle autorità internazionali”.
Di puro sapore democristiano, invece, la dichiarazione di Calogero Mannino. Appena tre righe che sembrano uscite dagli archivi del 1982, quando Calogero era ministro dell’Agricoltura e l’esecutivo era un monopolio della Democrazia cristiana, ma comunque chiare: “Se Berlusconi non ha la forza e la capacità di presentare proposte concrete di taglio reale di spesa deve prendere atto che non v’è più una ragione politica per la sopravvivenza del governo. Provi il più e si porti al livello dei doveri verso il Paese e le sue attese”. Tradotto, in politichese contemporaneo, è così sintetizzabile: non esiste alcun motivo per tenere vita il governo Berlusconi. Mannino non è un parlamentare qualsiasi. Ha una storia politica lunga oltre quarant’anni. Iscritto alla Dc dal 1976, ministro dell’agricoltura due volte e poi titolare dei trasporti, dirigente della Gioventù italiana di Azione cattolica, presidente del Circolo Acli, dirigente della Cisl sia a livello provinciale (Agrigento) che a livello regionale, avvocato e presidente dell’Associazione degli Avvocati di Sciacca. Nel 1961, ad appena 22 anni è eletto consigliere comunale a Sciacca e a 32 entra nell’assemblea regionale siciliana e viene nominato assessore alla Finanze. Poi arriva alla Camera dei Deputati con la Dc. Nel 1995 conosce anche il carcere: nove mesi dietro le sbarre con l’accusa di aver stretto un patto con la mafia per avere voti in cambio di favori. La vicenda arriva fino in Cassazione che nel 2010 assolve Mannino. Lui è sempre nel Palazzo. Lascia l’Udc quando Pierferdinando Casini va all’opposizione e, insieme a Saverio Romano, si iscrive al gruppo Misto per sostenere l’esecutivo Berlusconi. Anche per tutto questo, la bocciatura del premier e la sua richiesta di dimissioni del governo, suona come un rilevante scricchiolio dell’attuale esecutivo. La Balena Bianca ha cominciato a muoversi.