Il sottosegretario al Commercio interno argentino Guillermo Moreno

Si approfondisce in modo suggestivo e più che mai eclatante, l’incessante braccio di ferro tra il governo argentino e gli analisti privati e gli oppositori in merito all’indice dell’inflazione: che, per il primo, s’aggira attorno al 9,5% annuo, e per gli altri va dal 25 al 30%.

Oggi il tema è sulle prime pagine di tanti giornali. Il giudice Alejandro Catania che, dopo una denuncia del sottosegretario al Commercio interno Guillermo Moreno, ha aperto una causa penale contro economisti e agenzie specializzate che diffondono gli indici del carovita, ha inviato una notifica ai media chiedendo i dati personali dei giornalisti che redigono le notizie sull’inflazione. E un’altra l’ha inviata ai deputati che hanno formato una Commissione. Che, ogni mese, diffonde i dati dell’aumento del carovita che le agenzie non rendono più pubblici, poiché, in caso contrario, Moreno infligge loro forti multe.

Apriti cielo. I deputati in questione hanno indetto per oggi una conferenza stampa nel Parlamento. In cui ne hanno dette di tutti i colori contro il giudice, e, ovviamente, contro il governo. “E’ un’intimidazione e un atto che viola la libertà di stampa”, hanno assicurato all’unisono sostenendo che il passo del magistrato “ricorda le liste nere della dittatura” e che l’iniziativa di Moreno “è patetica e propria di una testa calda”. Nulla di nuovo. Tant’è che il governo, nel tentare di correre ai ripari per la criticatissima metodologia dell’Indec, l’Istituto di statistica che sforna i dati del carovita, ha perfino tirato in ballo il Fondo Monetario Internazionale. Che ha promesso al governo di dargli una mano. Ma, concretamente, solo per il prossimo anno.

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