In un primo momento ho pensato si trattasse dell’iniziativa identitaria finalizzata a promuovere la visibilità e la fierezza di una minoranza (nel caso, le rappresentanti della più antica professione del mondo); un po’ come fecero gli atei e agnostrici dello UAAR, quando due anni fa affittarono i mezzi pubblici genovesi utilizzandoli come vettori/sandwich dello slogan “dio non esiste”.
Per questo mi sono subito informato: purtroppo quanto ci racconta la dolce Maddalena è solo una delle provocazioni pruriginoso/ammiccanti su cui punta furbescamente la nuova campagna pubblicitaria della maison di moda Fracomina. Del resto, nel mirino del ministro baciapile Carlo Giovanardi (quello che sembra uno dei Brutos finito nel bordello berlusconiano) per via di un altro messaggio, anche questo indirizzato dritto al plesso dei benpensanti ipocriti (appunto, tipo Giovanardi): “sono Maria, non sono vergine ma ho una forte spiritualità”.
Confesso la mia delusione: speravo in una voce alternativa a quella di Terry De Nicolò; la fanciulletta barese nelle grazie di qualche vecchiaccio tra Arcore e Palazzo Grazioli che, probabilmente ispirata dalle colte raffinatezze di Piero Ostellino (“siete sedute sulla vostra fortuna”), teorizza l’apprezzabile messa in vendita delle grazie femminili come merce tra le merci (“e se sei racchia e fai schifo, stattene a casa”). Mi attendevo una voce capace di riaffermare – seppure in modi alquanto discutibili – l’autonomia di genere, smascherando le compromissioni imposte alle donne giovani e vecchie da una società mercificata a livello parossistico.
Invece siamo in presenza soltanto di un marketing astuto e spregiudicato, che punta a strumentalizzare opportunisticamente il crescente battage della stampa nazionale (sia chiaro: quella che fa il mestiere di informare) sui vizi e i mercimoni fioriti all’ombra di un potere libidinoso che avvizzisce.
Insomma, l’apparentemente franca affermazione della giovane Maddalena mi sembrava racchiudesse ben altro messaggio. Una denuncia, che provo a formulare da vecchio maschio non maschilista: l’enfatizzazione occidentale della sessualità ha raggiunto livelli che ormai stingono nella più assoluta demenza.
Certo, il sesso è pratica assolutamente naturale. Ma tale pratica è stata gravemente disgiunta da complementi indispensabili, che vanno dall’affettività alla riproduzione, diventando qualcosa a cavallo dell’esercizio ginnico e l’espulsione fisiologica di liquidi organici. Disgiunzione che risponde – da un lato – a ragioni perverse di potere, intese come dominio del corpo sottomesso, e – dall’altro – alla subalternità culturale a modelli vetero patriarcali; in cui la donna viene relegata al ruolo di oggetto passivo e come tale valorizzata (il premio dell’acquiescenza).
Il sesso diventa così una forma deteriore di rassicuramento: la conferma di stare nell’ordine approvato dai rapporti di dominio vigenti. Un fatto macroscopico nel nostro Paese; in questa fase storica in cui – grazie agli schemi del successo e dell’apprezzabilità propagandate dalla televisione commerciale, di cui Silvio Berlusconi è signore e padrone – sono diventati perfino cultura di governo. Con gli effetti grotteschi assicurati dalla grancassa mediatica di complemento: erezioni decennali… orgasmi ciclopici…
Ma il fenomeno viene da ben più lontano. Da quando la nostra civiltà si è trasformata in un immenso emporio di merci e l’accesso al consumo è diventata la primaria via all’integrazione sociale. E “l’avere” ha oscurato “l’essere”.
Stando così le cose, diventa un po’ difficile replicare ai tradizionalisti islamici quando contestano il nostro rapporto consumatorio con la sessualità e tra generi, dicendo: “voi ci criticate se veliamo il volto delle nostre donne. Cosa dovremmo fare noi quando esponete nude le vostre – di donne – come quarti di bue, solo per propagandare l’acquisto di qualche prodotto?”.