L'operazione è iniziata all'alba in Campania: nel pasticcio sarebbero coinvolti anche club di serie A. Ascoltato come persona informata sui fatti l'ex dg rossoblu Stefano Pedrelli
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata (Napoli) hanno eseguito un decreto di fermo della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli a carico di 8 persone, affiliati o prestanome del clan camorristico dei D’Alessandro-Di Martinò, attivi nell’area di Castellammare di Stabia, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata all’elusione di misure di prevenzione patrimoniale, esercizio di scommesse clandestine e riciclaggio di denaro. Tra i fermati ci sono anche i nomi di due dirigenti della società di scommesse Intralot: Maurizio Lopez, dirigente nazionale dell’ufficio quote e rischi, definito dagli inquirenti “persona intranea all’organizzazione”, e Antonio De Simone, direttore ufficio commerciale. L’operazione rappresenta la prosecuzione di un’indagine che nel 2010 portò all’arresto di 25 persone.
Nei prossimi giorni saranno convocati in procura i dirigenti sportivi delle squadre che hanno disputato le partite sotto esame. Solo qualche giorno fa era stato ascoltato come persona informata dei fatti l’ex dg del Bologna Stefano Pedrelli, al quale sono stati chiesti chiarimenti su tre ko dei rossoblù in gare giocate nel finale della scorsa stagione: la sconfitta contro il Napoli al Dall’Ara, il ko contro il Brescia e quello con il Chievo, entrambi fuori casa.
Sono state inoltre sottoposte a sequestro preventivo due agenzie di scommesse in provincia di Napoli, a Pimonte e a Gragnano, gestite da prestanome per conto del clan, per riciclare denaro di illecita provenienza ed eludere le misure di prevenzione patrimoniali. Dalle indagini è emerso un tentativo di espansione delle attività tramite la gestione occulta di agenzie di scommesse. Il clan aveva aperto, infatti, un’agenzia di scommesse Itralot anche in Emilia Romagna, a Rimini. L’agenzia non è stata però sottoposta a sequestro perchè di recente ha cambiato gestione.
Secondo gli inquirenti il sistema di scommesse clandestine consentiva di ripulire i soldi sporchi del clan, ma anche di trasferire denaro all’estero, provocando un “dissanguamento continuo” delle risorse italiane. In una delle numerose intercettazioni, fondamentali per le indagini, uno degli indagati avrebbe definito il sistema “un pozzo senza fondo”.