Era il giorno di Lampedusa. Migliaia di profughi e scampati alla fame e alle guerre che avevano trovato rifugio in Italia ed erano stati subito incarcerati, hanno tentato la fuga. Il sindaco dell’isola perde la testa e chiama alla lotta i suoi cittadini. I poliziotti, evidentemente senza ordini, si buttano con tutta la forza fisica della giovane età, picchiano in modo cieco i giovani evasi, mentre gli isolani giovani tentano di fare barriera da soli “per difendere le famiglie”. Nessuno conta i feriti fra ragazzi e bambini che avevano tentato la fuga. Pare che siano centinaia, non lo sappiamo neppure adesso.
Non c’è, sia pure lontano, un governo? Non c’è. Il ministro dell’Interno, a Roma, ha dovuto lavorare giorno e notte per evitare l’arresto del deputato Pdl Milanese, ricercato per gravi crimini economici ai danni dell’Italia. Stiamo parlando dei voti della Lega, assicurati dal bravo ministro di Polizia. Ma il compito del ministro dell’Interno, adesso, è di evitare, con i voti compatti della Lega, la “sfiducia personale” (richiesta dalle opposizioni) a un ministro in forte odore di mafia. Solo la onesta Lega Nord lo può mettere al riparo.
Intanto gli sbarchi continuano. Continuano anche i cortei senza fine e senza speranza degli operai giovani che cercano attenzione bloccando ferrovie o autostrade. Ora che hanno riaperto gli edifici abbandonati detti scuole stanno per cominciare di nuovo gli immensi raduni di ragazzi nelle piazze, i ragazzi sui tetti, i ragazzi in marcia, i ragazzi accampati, i ragazzi senza i servizi essenziali, quaranta in una classe. La chiamano “scuola pubblica”. Manca persino la carta igienica. Stanno per uscire dagli ospedali i giovani medici e i giovani infermieri perché tutti sappiano in che stato di abbandono sono lasciati i loro ospedali. Devono tenere sulle sedie i malati gravi in attesa perché al Pronto soccorso non ci sono barelle. Vi ricordate i pastori sardi venuti a Roma, vi ricordate le loro voci ferme con cui raccontavano che era meglio lasciarsi morire che vivere dimenticati, senza attenzione e senza un Paese di cui sentirsi cittadini? Vi ricordate degli operai che si erano invano auto-imprigionati all’Asinara?
Come vedete, materia grave, urgente, anche perché sulle conseguenze di quello che sta accadendo davvero in questa Italia, con molta malavita di governo, ma senza governo, non sappiamo nulla. Sto parlando di mercoledì 21 settembre. Quel giorno, fin dal mattino, la Camera dei deputati era affollata e al lavoro. In quelle ore erano in corso gli scontri di Lampedusa in cui il governo aveva abbandonato profughi, poliziotti e abitanti. Ed era appena stata annunciata la chiusura definitiva della fabbrica Fiat di Termini Imerese, ovvero l’inizio dello sgombero industriale della Sicilia.
Ed ecco che cosa c’era scritto sulla prima pagina dell’Ordine dei lavori della Camera: “Discussione del decreto di legge costituzionale 4358: Partecipazione dei giovani alla vita della nazione ed equiparazione tra elettorato attivo e passivo”. La legge costituzionale di cui parla lo stupefacente ordine del giorno è un’iniziativa del ministro orwelliano per la Gioventù Giorgia Meloni. Non è colpa o malafede della Meloni se la discussione della sua invenzione cade nel giorno di Lampedusa e di Termini Imerese e mentre l’Italia sta scivolando verso il disastro che travolge soprattutto i giovani. È colpa del silenzio disciplinato con cui tutti stanno al gioco, opposizioni comprese, come se non fosse uno scherzo.
E infatti la trovata è di stretta scuola berlusconiana: tutta pubblicità e niente prodotto. Il prodotto infatti è che tutti, a 18 anni, potranno votare ed essere votati per Camera e Senato. Proprio così, proprio mentre è stato abolito il futuro. Per questo è orwelliana l’idea di dare “nuovi diritti” ai giovani dopo avere tolto ai giovani tutti i diritti, e bloccato ogni via d’uscita. Confesso che mi aspettavo una rivolta. Si trattava infatti di discutere e di approvare la finzione e la negazione della realtà. Ho pensato che forse esisteva un partito della realtà. Quel giorno a Montecitorio non c’era.
So che sto parlando di tante persone capaci che tentano di fare, con tutto l’impegno possibile, il loro lavoro di opposizione. Ma il racconto dell’evento è questo: non vi è stata alcuna obiezione alla “legge costituzionale” scritta da Giorgia Meloni per Giorgia Meloni, in modo che resti di lei una traccia e un ricordo. Perciò, da solo, irritando un po’ tutti, ho chiesto di parlare per un breve intervento (spettano due minuti a chi parla non in accordo col suo Gruppo). “Signor presidente, esiste un’espressione colloquiale americana che dice, per definire una cosa inutile: ‘Con questo e con 25 centesimi puoi andare sulla subway’. È quello che abbiamo fatto oggi. Con questa legge e con 25 centesimi, i ragazzi italiani possono salire sui tetti delle fabbriche chiuse, possono digiunare sulle gru dei cantieri abbandonati, possono entrare nelle scuole disastrate, prive di fondi e persino di carta igienica, possono recarsi nelle Università in cui la ricerca è impossibile e l’esilio è la sola via d’uscita. Chi non ha diritti non può partecipare a nulla. Per questo dico: ancora un’occasione perduta di essere almeno simbolicamente utili al Paese senza far finta di non sapere che non c’è rapporto fra quello che diciamo qui dentro e quello che succede là fuori“.
Non possiamo dire, però, che il giorno 21 settembre a Montecitorio non sia accaduto nulla. È accaduto che abbiamo regalato al ministro Meloni e ai notabili del Pdl una efficace risposta nei vivaci dibattiti dei prossimi Ballarò. Diranno indignati i Gasparri e i Sacconi: “Ma come vi permettete di dire che non abbiamo fatto niente per i giovani? C’è la legge Meloni, una riforma costituzionale che avete votato anche voi!”. È la storica legge che l’opposizione si è prestata a fabbricare insieme alla maggioranza e che recita: “La Repubblica valorizza, secondo i criteri e i modi stabiliti dalla legge, il merito e la partecipazione attiva dei giovani alla vita economica, sociale, culturale e politica della Nazione”. Orgogliosamente quelli del Pdl, Milanese incluso, diranno che la storica legge è stata votata da tutta la Camera. È vero. Tutta la Camera. Meno uno.
Il Fatto Quotidiano, 25 settembre 2011