La magia di questo fenomeno si è concretizzata nella prima serata, quando si sono via via alternati sul palco numi locali come Marko Veśović e gli idiomi anglofoni così distanti eppure così vicini di Tony Harrison, pacato cantore dell’uomo perduto. Accanto a loro, gli accenti più scoppiettanti di Devorah Major e Agneta Falk, forti e dolci sirene della poesia pronte a combattere a suon di versi le battaglie della pace e dell’autodeterminazione. E se Carmen Yanez lascia un pubblico attonito con struggenti versi d’amore per la sua terra, il Cile, nel tormentato ricordo dei desaparecidos e della dittatura, la prima serata si conclude al suono fermo ma ironico della voce di Josip Osti, sloveno d’adozione ma ancora fermamente convinto come il suo maestro Sarajlić che “anche i versi sono contenti quando la gente si incontra”.
Molti gli amici che, per diversi motivi, non hanno potuto partecipare direttamente al festival. Tra loro il nostro caro Erri De Luca in questo videomessaggio.
Nella foto, poeti e viaggiatori sulla tomba del poeta Izet Sarajlic, al Cimitero del Leone di Sarajevo. Per ingrandire clicca qui