Politica

Magari fossimo “sudamericani”…

“Sudamericano” è l’identità di un signore che abita il continente latino. Ma “sudamericano” era l’aggettivo preferito per sintetizzare i fumi persecutori dei nostri magistrati quando sfogliavano le carte di politici infedeli. Fino a ieri “sudamericano” restava il disprezzo nel quale i paesi civili avvolgevano i gerarchi di Pinochet o le intemperanze di Menem, vecchio presidente argentino con la vanità dell’arricchito che si tinge i capelli. Amnistie, condoni, prescrizioni, o il cambiare o accorciare le leggi secondo le convenienze, apparivano rivoltanti come le squadre della morte. Destabilizzavano la serenità delle certezze quotidiane e la fiducia che regola l’armonia di ogni comunità.

Altri mondi. Nell’ordine noioso dell’Europa che invecchia non sopportavamo le maschere dei capataz corrotti. All’improvviso l’aggettivo è sparito. Un amico che ha inventato grandi giornali brasiliani scrive con ironia da San Paolo. “Per esemplificare furti e traffici oscuri posso usare l’aggettivo ‘italiano’?”. I nostri onorevoli avevano appena assolto Milanese e cominciavano ad allenarsi per non mandare in galera il ministro Romano, in odor di mafia. Intanto nelle strade di Rio migliaia di persone convocate da Facebook agitavano scope verdi. Il loro grido risale gli alti palazzi: “Ladri fuori dal parlamento”. La presidente Dilma Rousseff accoglie l’indignazione e allontana il ministro del turismo Pedro Novais: la sua macchina di stato accompagnava lo shopping della moglie. In Italia nessuno lo fa.

È il quinto ministro costretto alle dimissioni nei primi cento giorni di governo di chi ha preso la poltrona di Lula. Il penultimo licenziato amministrava l’agricoltura del gigante che nutre con la soya mezzo mondo: Wagner Rossi, per caso di origine italiana. Abitudine di viaggiare – lavoro o vacanza – sull’aereo di una multinazionale. Anni fa nessuna meraviglia. Adesso (in Brasile) non si può. Notizia che deve far tremare Ciriaco De Mita, passeggero d’onore con seguito di giornalisti nel bireattore Parmalat.

E prima ancora di Novasi e Rossi, se n’era andato Nelson Jobin, ministro della Difesa: buste per chiudere gli occhi su certi appalti. Lo ha preceduto il ministro delle relazioni istituzionali, Ideli Salvati (famiglia italiana ) e ad aprire l’elenco dei licenziati, Antonio Palocci, politico con due cittadinanze: potrebbe essere eletto anche a Roma. Colpo duro per Dilma, ne era il consigliere personale e ministro della Casa Civil, insomma, capo del governo. Nessuna prova, solo sospetti: come era riuscito a comprare palazzi, barche, fattorie, azioni per milioni di dollari con lo stipendio da deputato? Risposte alla Scajola: regali di non so chi.

La Rousseff è un’economista con la determinazione bulgara che insegue l’utopia del trasformare il Brasile delle favelas nella società dove un posto al sole dev’essere per tutti. Cento giorni fa ha giurato di combattere ogni imbroglio. Ci prova anche se qualche volta le pesa il cuore. Bisogna dire che la scommessa può essere meno difficile dell’impegno di chi prenderà il posto di Berlusconi a palazzo Chigi. Se lavoro nero, record dell’ evasione fiscale e milioni di euro scivolano nei rivoli oscuri dell’ Italia dei furbi, i furbi del Brasile hanno l’aria di chi si accontenta. 28 volte più grande dello stivale, 200 milioni di abitanti, sopporta un’ evasione fiscale di 20 miliardi. Noi, così piccoli e così pochi, nel 2010 abbiamo imbrogliato per 49,2 milioni. Solo numeri ufficiali, il resto non si sa.

Rispondo all’amico di San Paolo: “Sudamericano è roba vecchia, dopo anni di un governo così, italiano sembra l’aggettivo appropriato.

Il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2011