È stato assassinato con una coltellata al cuore per un’unica colpa: aver ospitato una ragazza romena che si prostituiva e poi averne accolto in casa una seconda, dopo che era stata pestata dai suoi sfruttatori. Forse, con le due giovani connazionali, condivideva le spese dell’affitto e delle bollette, ma quando uscivano la sera, per andare sui viali a esercitare la “professione” sotto la minaccia di botte e ritorsioni anche estreme, la vittima si fermava in un fast food, acquistava qualche panino, e lo portava loro perché la notte, sul ciglio della strada, è lunga e diventa sempre più fredda.
Iulian Cojocaru, nato in Romania 25 anni fa e regolarmente residente alla periferia di Bologna, di giorno faceva il muratore per un’impresa della zona. E sapeva di rischiare ritorsioni da una banda di quattro cittadini albanesi, che oltre alle sue due ospiti, avrebbe assoggettato altre sei ragazze straniere che vivono un comune dell’hinterland, Ponte Samoggia, e che hanno tra i 18 e i 25 anni. Due settimane fa, c’era stato un primo litigio tra Iulian, il suo presunto assassino e i suoi complici nel racket della prostituzione. In quell’occasione erano volate solo parole. Parole sempre più grosse che probabilmente avevano compreso anche promesse di morte.
E poi, lunedì sera, l’auto del giovane romeno aveva incrociato in zona Battindarno quella su cui viaggiavano due degli albanesi, che erano scesi ed era partita una pugnalata, vibrata con un coltello a serramanico dalla lama di 7 centimetri abbondanti. Iulian era risalito sulla sua vettura mentre gli altri si allontanavano e lanciavano l’arma in un’aiuola all’altezza della rotonda di via Emilio Lepido, dove è stata ritrovata ieri sera dagli agenti della questura di Bologna. Percorsi pochi metri, invece, la vittima si era fermata, era scesa di nuovo e si era accasciata a terra, ormai morta.
Gli uomini della seconda e della terza sezione della squadra mobile di Bologna, agli ordini del dirigente Fabio Bernardi e dei responsabili Bovio e Ceria, ci hanno messo poco a mettersi sulle tracce degli aggressori. Raccolte le testimonianze di chi aveva assistito ad alcune fasi dell’aggressione e aveva sentito l’alterco che aveva preceduto il delitto, si sono indirizzati verso Astrit Saraci, 22 anni e conosciuto con il soprannome di Leo, sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio pluriaggravato da motivi abietti e futili (se le accuse contro di lui verranno confermate, rischia l’ergastolo). Con lui sono stati arrestati anche altri giovani albanesi tra i 20 e i 24 anni, Myslym Muca, Nicolae Achimescu e Gazmend Saraci (cugino del presunto assassino), sospettati di sfruttamento e induzione alla prostituzione.
Da quanto hanno ricostruito gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Stefano Orsi, i quattro avevano precedenti ed erano nel mirino per altri fatti. Raggiunti in passato dal divieto di dimora nel comune di Ferrara, dove erano stati messi sotto indagine sempre per lo stesso tipo di reati, dall’inizio del mese i loro nomi si trovavano anche in un fascicolo aperto dal pm bolognese Francesco Caleca, che stava indagando sull’aggressione subita da una donna romena tramortita di botte perché cercava di difendere la figlia diciottenne vittima del racket.
La ragazza era sparita e i suoi presunti sfruttatori si erano presentati a casa della madre alla ricerca dei documenti della giovane per evitare che fosse portata in questura troppo spesso, se fermata dalle forze dell’ordine per identificazione. Quando avevano suonato alla porta della donna straniera, non le avevano neanche dato il tempo di aprire completamente che le avevano inferto due pugni in pieno volto facendole perdere i sensi. Dopodiché avevano iniziato a perquisire l’abitazione alla ricerca dei documenti. Ma c’è dell’altro. Sempre per fatti analoghi, erano da mesi oggetto di indagine da parte di un terzo magistrato della procura di Bologna, Lorenzo Gestri, e nell’ambito di questa inchiesta sarebbero state prossime le richieste d’arresto.
Per il delitto di lunedì sera, invece, sono ancora in corso alcune attività investigative che vadano a colmare i pochi punti non chiariti dal lavoro degli inquirenti e dagli stessi fermati, per i quali ci sarebbe stato pericolo di fuga (uno di loro aveva un biglietto per l’estero) e in attesa di convalida dell’arresto. Astrit Saraci, al momento, si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere mentre gli altri, per quanto abbiano fatto alcune ammissioni involontarie che hanno contribuito all’ipotesi accusatorie, non sempre hanno dato informazioni giudicate complete. Ma la dinamica dell’omicidio e il movente sembrano ormai chiari: Iulian Cojocaru, le due giovani connazionali, non le avrebbe dovute ospitare né tanto meno avrebbe dovuto portare loro alcun genere di conforto mentre si prostituivano. Non aver ottemperato ai divieti gli è costato la coltellata che l’ha ucciso.