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Calciopoli, l’arringa di Lucky Luciano <br> “E’ tutto un grande imbroglio”

Moggi, ex ds della Juventus, ieri è intervenuto in aula al processo sulla presunta cupola del pallone. Durante l'arringa l'ex dirigente oggi radiato ha letto nuove intercettazioni che, a dire della difesa, farebbero cadere l'impianto accusatorio

“Qualcuno mi ha messo a capo di un sistema, avrei comandato la Figc eppure Carraro e Abete proprio qui hanno detto l’esatto contrario: Moggi si dedicava all’attività sportiva, senza occuparsi di politica. Tanto che Carraro nel 2006 prima del Mondiale mi fece fare il consulente della Nazionale per lui”. Luciano Moggi, ex direttore sportivo della Juventus a cinque stelle degli anni Novanta e Duemila, prende la parola al processo di Napoli che lo vede sul banco degli imputati come responsabile principale del dissesto del calcio italiano ai tempi di Calciopoli. La sua è una dichiarazione spontanea che precede l’arringa del suo avvocato difensore. L’udienza è cominciata alle 9.30 di ieri e si è conclusa nel tardo pomeriggio. Obiettivo della difesa: dimostrare che Moggi non era a capo di alcuna “cupola” e che l’impianto accusatorio è stato costruito con l’intenzione di mettere alla porta un personaggio (e una squadra, quella bianconera) particolarmente ingombrante.

“L’Inter non si può permettere di dire che c’erano anomalie: l’Inter ha cambiato Seedorf e Pirlo con Brkic e Coco. Hanno comprato Vampeta e Taribo West: ecco perché l’Inter perdeva, noi avevamo i campioni del mondo, loro Taribo. Io non sono qui a dire che sono tutti colpevoli: lo ha detto chi aveva interesse a dirlo. Siamo qui per dimostrare che non abbiamo fatto quello di cui veniamo accusati”. Moggi ribadisce le ragioni che ripete ormai da anni. La Juve vinceva tantissimo perché sostanzialmente era più brava delle altre squadre a muoversi sul mercato. Punto. E le schede telefoniche svizzere? I contatti con gli arbitri?

Risponde ai quesiti l’avvocato difensore Prioreschi, che in sei ore e mezza di arringa ne ha per tutti. Capitolo schede svizzere. I documenti sono stati acquisiti dai magistrati titolari dell’indagine in territorio straniero senza alcuna rogatoria. Per questo, non potrebbero essere utilizzati come prova. Più in generale, a proposito di prove, i metodi con i quali sono state messe insieme avrebbero “violato il Codice di procedura penale”. E ancora, l’acquisto delle schede telefoniche non sarebbe avvenuto segretamente. Lo spiega lo stesso Moggi poco prima: “Quando la Juve e io ci accorgemmo di pedinamenti e intercettazioni, cercammo rimedi: da qui, la decisione da parte della società di acquistare le schede svizzere. Segretezza? Ma quale segretezza. Anche Lavitola con Berlusconi è stato intercettato, eccome”.

“E’ tutto un grande imbroglio”. Lo ripete spesso Prioreschi durante il suo intervento. Un imbroglio che sarebbe stato preparato con grande scrupolo da un gruppo di persone che volevano togliere di mezzo la Triade che governava la Juventus. Discutibilissimi, secondo l’avvocato, i modi e i tempi dell’indagine. E la scelta del materiale da mettere agli atti e a disposizione della difesa. Già, perché sarebbero numerose le intercettazioni non trascritte e accantonate per ragioni poco chiare dall’accusa. Registrazioni che dimostrerebbero l’assoluta estraneità di Luciano Moggi ai fatti che gli sono contestati fuori e dentro le aule di tribunale.

Sui giornali è stata pubblicata la conversazione tra il disegnatore arbitrale Paolo Bergamo e l’arbitro Pasquale Rodomonti, che tre ore dopo avrebbe diretto la gara Inter – Juventus. Si parla del 28 novembre 2004. Bergamo avrebbe “suggerito” a Rodomonti di pensare “più a chi è dietro, piuttosto a chi è davanti”. Per la cronaca, la Juve era al comando della classifica con 15 punti di vantaggio sull’Inter. Prioreschi ne è convinto. Se non fosse stato per il lavoro scrupoloso della difesa, molti passaggi come questo non sarebbero mai stati ascoltati. Moggi non “dirigeva” gli arbitri e non controllava i sorteggi, l’hanno confermato i giornalisti che parteciparono alle operazioni sotto gli occhi dei colleghi. Insomma, per la difesa l’ex ds bianconero sarebbe stato oggetto di una vera e propria “caccia all’uomo”. Il prossimo appuntamento in aula è fissato per martedì 25 ottobre. Sarà ancora la difesa di Moggi a parlare, questa volta per voce dell’avvocato Trofino. La sentenza è attesa nelle prime due settimane di novembre.