Segnatevi questo nome: Nicolas Winding Refn. Cult per pochi, il genietto danese della trilogia di Pusher, Bronson e Valhalla Rising è sbarcato in America, facendo di necessità produttiva – progetto su commissione – virtù: Drive porta a casa la cifra stilistica, la poetica innervata di romantico pessimismo, la violenza servita con un bacio e il premio alla regia di Cannes.

L’ha voluto Ryan Gosling, il meglio attore della Hollywood under 35, folgorato sulla via di Copenhagen, per dirigere l’adattamento del romanzo di James Sallis. Protagonista un pilota talentuoso, “buono” e innominato, della stessa pasta di Clint Eastwood e Steve McQueen: uomini che parlano con le azioni, impugnando un bastone. E Ryan non fa eccezione.

Stuntman per il cinema e pilota per la criminalità, ci guida nella generazione precaria, dove l’amore – per la stupenda Carey Mulligan – è solo potenza, la facoltà non si abbina alla proprietà (guida, non possiede auto) e lo spirito paterno sta nella stessa inquadratura della violenza iperrealista, del parossismo vendicativo che rasenta lo splatter.

Ma in questa traiettoria di genere, Refn inscrive le prospettive del suo grandangolo, una luce lirica che contrappunta l’ambigua esistenza del protagonista e dell’ambiente fuorilegge, con i cattivi Ron Perelman e Albert Brooks. Scorrerà sangue, ma anche il sentimento: frustrato. Il bacio tra Ryan e Carey finisce con  una testa maciullata sotto le scarpe, perché se lo stop & go è nell’intimismo, la carreggiata è sempre action e criminale. E il pilota senza direzione: se tiene la strada come nessun altro, non va dove vorrebbe.

Dalle Iene (evocate nei nomi Blanche e Bernie Rose) a Friedkin e Boorman, passando per i tragitti fottuti di Abel Ferrara, l’ascissa on the road di Paul Schrader (Taxi Driver) e l’ordinata mélo di Douglas Sirk, si arriva a “il” modello: Michael Mann, nelle immagini riflesse, nel sottotesto esistenziale, nel nichilismo venato di romanticismo.

Refn dà gas, con adrenalina e sapienza scapigliata, regalandoci le migliori sequenze d’azione degli ultimi anni: regista su commissione come l’innominato pilota Ryan, guida da Dio una macchina non sua. E taglia il traguardo: capolavoro. Non perdetelo.

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