Tutto ampiamente atteso. Scontato, pienamente previsto. Talmente prevedibile, in definitiva, da non fare nemmeno il solletico a un mercato che ultimamente sarà stato pure schizofrenico ma che, di certo, non ha ancora disimparato a reagire con tempestività alle buone notizie. Nel giorno in cui i titoli di Stato italiani segnano sul mercato primario il tasso di interesse più alto dall’ottobre 1997, Piazza Affari guida la classifica dei rialzi europei con un confortante +2,07%. Mentre il mercato secondario delle obbligazioni si mantiene talmente calmo da consentire allo spread un’oscillazione minima, con il differenziale di rendimento tra Bund e Btp che si attesta a quota 366 punti base.
Ma andiamo con ordine. Questa mattina, l’Italia ha collocato sul mercato quasi 8 miliardi di euro in titoli a media e lunga scadenza. Nel dettaglio: 2,47 miliardi è il controvalore complessivo dei titoli a 11 anni collocati oggi ad un tasso di interesse del 5,86%, in salita rispetto all’ultima asta quando i rendimenti si erano attestati al 5,22%. 1,3 miliardi è invece l’ammontare dei Btp decennali che, ad asta conclusa, rendono ora il 5,49%, il livello più alto dal 1999. Infine, sono stati piazzati sul mercato 3,14 miliardi di bond triennali – ad un tasso del 4,68% contro il 3,87% dell’ultima asta – e 926 milioni di CCTEU a quattro anni con un rendimento del 5,63%. In totale si arriva a 7,9 miliardi di controvalore totale sull’emissione odierna.
Buona ma non straordinaria la risposta degli investitori. Il bid-to-cover, cioè il rapporto tra domanda e offerta, è salito a quota 1,365 (contro il 1,315 del mese scorso) per il triennale e all’1,374 (da 1,269) sul decennale. Le notizie migliori vengono però dalla reazione dei mercati: lo spread Btp/Bund, come detto, si è mantenuto estremamente stabile mentre Piazza Affari ha potuto tornare all’agognata quota dei 15 mila punti (ma erano oltre 20 mila a inizio estate, prima cioè che si materializzasse l’attacco speculativo di luglio) grazie soprattutto al rialzo generale dei titoli bancari. A trainare la ripresa, insomma, sono proprio quelle blue chips che da mesi scontano tanto la speculazione al ribasso quanto l’esposizione ai titoli sovrani. Ma che oggi, sull’onda di un trend positivo, fanno registrare risultati più che confortanti. Può sembrare un paradosso, ma in realtà lo è solo fino a un certo punto.
La spiegazione più logica, al momento, sembra essere la seguente. Il rialzo dei tassi nell’asta odierna, ovvero su quel mercato “primario” al quale la Bce non può prendere parte, era ampiamente pronosticato e per questo, in un certo senso, “già digerito”. In pratica è come se gli operatori avessero già scontato in anticipo i ribassi complice un mercato azionario già sufficientemente sottovalutato. L’innalzamento dei premi sperimentato oggi, insomma, non ha spaventato quasi nessuno. E così, in un clima relativamente sereno, tanto il mercato secondario dei titoli sovrani quanto il comparto azionario hanno potuto giovarsi delle buone notizie provenienti da Helsinki e Berlino.
Nella giornata odierna, Finlandia e Germania hanno infatti approvato il rafforzamento del fondo salva-Stati e lo hanno fatto quasi senza battere ciglio. Come a certificare, insomma, che l’Europa è pronta a fare di tutto per salvare l’integrità dell’euro e tenere l’intero Continente il più possibile al riparo dagli effetti dell’ormai scontatissimo default greco. Non è difficile intuire, a questo punto, per quale motivo le occupazioni dei dicasteri ellenici e gli scioperi che paralizzano Atene non facciano, in definitiva, poi tutta questa paura.