“La famosa base ha detto basta. Non ci rappresentate più, e prima o poi dovrete scendere dal cadreghino e girare per le città. Le monetine sono pronte anche per voi”. Sono durissimi i commenti dei leghisti all’indomani del voto contro la mozione per sfiduciare Saverio Romano, il ministro dell’Agricoltura accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Che ieri la Lega ha deciso di salvare, dimenticando la sua base e il cappio che sventolava in aula nel 1993. E insieme agli elettori è insorto anche il sindaco leghista di Macherio, Giancarlo Porta che ha fatto coming out contro il partito in una lettera pubblicata oggi sul Corriere della Sera.
“Ho anch’io i miei sospetti sui mille interessi della Lega – scrive – ma ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier ci sta portando alla deriva, sia come Italia che come Lega”. E sentire traditi gli “ideali di onestà, rettitudine e coerenza di idee” provoca un sentimento di “tristezza che sconfina in grande delusione”.
I dissensi dalla base elettorale sono emersi con forza dalle scorse amministrative milanesi dove, in seguito agli insulti indirizzati alla coalizione di governo e al premier, è stata decisa anche la chiusura del forum di Radio Padania. Poi sono arrivati il salvagente per Marco Milanese e ieri per Saverio Romano, considerati dal sindaco “bocconi amari” difficili da mandar giù. Nella lettera poi denuncia un partito dove “troppi ‘furbi’ si azzuffano per le poltrone, ovviamente imbottite di stipendi, magari due, magari tre, e così via”. E il divario tra amministratori locali e dirigenza risulta insanabile al punto che Calderoli dal palco di Venezia, ha “detto ai sindaci che ‘senza la Lega non siete niente e ritornerete polvere’”.
Gli stessi umori che trapelano anche sul web. Su Padania.org prevale l’indignazione per “avere salvato il Romano”. “Dopo il grande camorrista e quello della P4 ora abbiamo salvato anche lui. Con buona pace di Maroni, ora ce lo rinfaccerano a vita”, scrive Fausto Padano. E Maria Sandra aggiunge: “Vergogna a tutti leghisti che hanno permesso alle camere di diventare rifugio per i delinquenti (basta anche il sospetto)”. Raffica di commenti al vetriolo anche contro Berlusconi (“Se si comportasse da persona corretta i magistrati non lo cercherebbero. Anche Totò Riina allora si dovrebbe lamentare dei magistrati che lo perseguitano”, aggiunge Marcodei) intervallati da altri utenti che copiano e incollano la lettera di Giancarlo Porta al Corriere.
Ma oltre alla delusione emerge la consapevolezza del disinteresse dei papaveri: “Credo sia inutile chiedere agli elettori del Cavalier Patonza cosa fare e cosa ne pensano del loro partito e del loro leader – nota Caio49-. Come sta facendo la Lega che nonostante i consigli, le proteste, le prese di posizione, continua imperterrita a fare ciò che vuole. L’importante e salvarsi il c.. tra di loro, tutto il resto non conta”. Sul Forum dei giovani padani invece, in tanti si chiedono quali siano le ragioni profonde che hanno indotto il Carroccio ad abdicare alla legalità. La risposta per alcuni sta nelle quote latte. Anche se Fireflash ammette: “In più di un decennio di militanza, ancora devo capire perché Bossi si ostina a difendere alcune centinaia di allevatori che han fatto i furbi con le quote latte”.
La disillusione di oggi, però, affonda le radici nel passato, quando al posto del federalismo Umberto Bossi incitava ancora alla secessione. “Concordo parola per parola con la lettera di Giancarlo Porta e con le critiche degli elettori – osserva Corinto Marchini, ex senatore già a capo delle Camicie Verdi, il corpo paramilitare nato per la difesa del Senatùr – lo avevo già detto nel 1996: il vertice della Lega allora come oggi cercava di nascondere le contraddizioni fra partito di lotta e di governo, come facevano i comunisti”.
Marchini parla di una dirigenza offuscata, lontana dagli elettori e “talebana”. E il nodo centrale rimane l’alleanza col Cavaliere. “Se avesse raccolto più consensi alle regionali – conclude Marchini – forse si sarebbe riuscita a smarcare da Berlusconi. Ma a Milano ha perso e il giocattolo si è rotto. Gli amministratori e gli elettori vivono la realtà. Da cui ormai i vertici a Roma si sono distaccati”.