Lo scorso anno Berlusconi rilanciò gli obiettivi di governo: federalismo, riforma del fisco, giustizia, sicurezza e sud, le priorità. Oggi quelle promesse sono solo un lontano ricordo. La manovra approvata a inizio mese è superata. Ne serve già un'altra. E la credibilità del nostro Paese all'estero non è mai stata così bassa
E oggi è anche il giorno del suo settantacinquesimo compleanno (leggi). L’anno scorso lo aveva passato in aula, a Montecitorio. Dopo un’estate trascorsa a cercare di lenire la ferita della maggioranza aperta da Gianfranco Fini, uscito dal Pdl per dar vita a Futuro e Libertà, Berlusconi rilanciò gli obiettivi di governo in cinque punti (leggi). Che illustrò di persona alla Camera esattamente un anno fa. Federalismo, riforma del fisco, giustizia, sicurezza e provvedimenti per lo sviluppo del Sud. Un’ora di discorso. L’aula ascolta e, se arrivano spesso applausi dalla maggioranza quando il premier promette di completare la Salerno-Reggio Calabria entro il 2013, nell’emiciclo di Montecitorio risuona anche una rumorosa risata dagli scranni delle opposizioni.
E di fatto, a distanza di un anno, i cinque punti che dovevano rilanciare “l’operato del governo” e realizzare le “norme a tutela della vita” sono finite nel cassetto (ormai colmo) delle promesse non mantenute. Ma già il famoso “contratto con gli italiani” firmato da Bruno Vespa era stato ampiamente disatteso senza alcuna conseguenza. Quindi perché cambiare strategia quando annunciando grandi operazioni senza mai realizzarle si ottiene comunque il consenso?
Anche la Lega Nord ha imparato bene la lezione del Cavaliere, seppur in tempi recenti. Lo scorso giugno a Pontida, per placare la rivolta della base che ormai ha deciso che il nuovo leader è Roberto Maroni, il luogotenente Roberto Calderoli ha distribuito un volantino – “Fatti in tempi certi” – in cui oltre ai punti da realizzare erano segnate pure le scadenze temporanee. Un vero e proprio cronoprogramma. Ovviamente disattesso. “Entro due settimane”, prometteva il Carroccio, sarà approvato “il dimezzamento del numero dei parlamentari” e la nascita “del Senato federale”. Entro l’estate 2011, prometteva, “l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri della proposta di legge di Riforma fiscale”. Ma c’era anche il “taglio dei costi della politica”, il “finanziamento del trasporto pubblico locale” e molto altro. E tutto coerentemente disatteso.
Ma la Lega è comunque un allievo ancora ben distante dal maestro. Berlusconi è insuperabile. Il milione di posti di lavoro rimarrà nella storia della politica-marketing, come il ponte sullo stretto di Messina, la riduzione dei costi della politica, il taglio alle tasse. Ancora un anno fa a Montecitorio, con il mondo alle prese con una crisi economica che già aveva mietuto vittime illustri ma per il Cavaliere in Italia non sarebbe mai arrivata, Berlusconi riuscì a promettere: “L’obiettivo del governo è ridurre la pressione fiscale e disboscare la grande giungla di un sistema fiscale”, garantendo al contempo “crescita e rigore dei conti dello Stato”. Il tutto “senza creare deficit”. Al centro la famiglia, con il quoziente familiare, il lavoro e la ricerca. Dodici mesi dopo la realtà fotografa l’esatto contrario. I conti del Paese sono addirittura peggiorati, il deficit galoppa, il Pil è uguale a zero e l’ultima manovra finanziaria ha azzerato i già pochi aiuti alle famiglie.
Le mani nelle tasche degli italiani? Magari le avessero messe solo lì. La sensazione è ben altra. C’è un Paese da salvare. Lo dice la comunità internazionale, lo chiede la Ue, persino il Capo dello Stato è intervenuto per tentare di salvare almeno la faccia del Paese all’estero. E la manovra approvata a inizio mese è già vecchia, superata. Ne serve un’altra. Gli uomini vicini al Cavaliere riferiscono che Berlusconi sa bene cosa fare. E’ tutto pronto. Pianificato. “Lui sa tutto”, garantiscono. Certo, c’è la magistratura che, come disse lui stesso, “non mi lascia lavorare in pace”. E andrà in televisione, ha fatto sapere, per spiegare agli italiani i motivi della situazione di stallo economico, perché non arrivano a fine mese e soprattutto a spiegare che non è colpa sua: sono le procure comuniste d’Italia che non lo fanno lavorare. E forse ha annullato tutti gli appuntamenti di oggi per trovare una soluzione alla crisi del Paese. Dopo il contratto con gli italiani e i cinque punti, potrebbe arrivare una nuova ricetta per salvare l’Italia.