Si parla nuovamente di un “Giuramento di Ippocrate” per i giornalisti (Articolo 21 , manifestazione del 29 ottobre). L’idea – che non è semplicente deontologica ma ha un forte contenuto proprio strutturale; e dunque non dev’essere ritualizzata – è nata in rete, fuori dal giornalismo “ufficiale”, molti anni fa. Sulla mia Catena di San Libero (internettisticamente parlando, due generazioni fa) essa comparve nell’aprile 2000 e suscitò delle buone discussioni, fuori dal mainstream ma ben dentro la Rete.
La ripropongo ora, un po’ per rivendicarla al giornalismo “nostro” (cioè senza padroni, di nessun tipo) e un po’ per semplice vanità. Fa parte di una serie di appunti che, allora, fornivano il quadro della situazione dell’informazione da un “altro” punto di vista, che poi si rivelò quello esatto. Il progetto I Siciliani, su cui siamo impegnati ora, riprende fra l’altro anche queste concezioni.
Nove appunti sull’informazione al tempo dell’Internet
1. Le due rivoluzioni:
– i soldi fanno un sacco di soldi (Aol-Time ecc)
– i ragazzini ricominciano a scrivere lettere d’amore (e-mail, sms).
2. Le “nuove” tecnologie non sono più nuove da un pezzo e ormai hanno individuato un universo abbastanza preciso. Gli Internet in realtà sono due:
– il web-tv;
– il web interattivo.
L’interattività è il fatto nuovo e il tasso di interattività è l’elemento decisivo.
3. Il mondo come comunicazione/rete (l’informazione come caso particolare). Il mondo di cui si parla e il mondo di cui non si parla. Il mondo che parla e il mondo che non parla. Quanco costa realmente l’accesso alla comunicazione? Chi lo decide? Atomi e byte: chi è il “padrone” dei byte? Fisiologicamente, i byte possono avere un padrone? Che cosa in realtà “padroneggiano” allora, in questo campo, i “padroni”?
4. Da tempo le imprese fanno cultura in proprio (pubblicità = cultura). Ma adesso le imprese fanno informazione in proprio. Prima l’industriale faceva anche l’editore. Ora l’industriale dev’essere innanzitutto un editore.
5. In questa situazione, che cosa c’entra più il giornalista? Anzi, direttamente: chi è il giornalista? C’è ancora una specifica tecnologia che lo caratterizza? Che cosa lo caratterizza, allora? (Il medico un tempo faceva i salassi, oggi deve sapere che cos’è il Dna. Tecnologie completamente cambiate: che cos’è rimasto immutato? L’approccio umanistico al malato. Il medico è quel professionista che, nel variare delle tecnologie, fornisce all’utente le garanzie culturali contenute nel giuramento di Esculapio). Il giornalista è semplicemente, nel variare illimitato delle tecnologie, il detentore del giuramento di Ippocrate.
6. Ieri garantiva che l’informazione fosse “veritiera e corretta”. Oggi garantisce che l’informazione sia anche, nel nuovo quadro tecnologico:
– distinta dalla pubblicità;
– sufficientemente interattiva.
Entrambe queste caratteristiche possono essere oggettivamente quantizzate.
7. L’interattivita è il nuovo diritto del lettore nel mondo dell’informazione attuale. La correttezza pubblicitaria (informazione distinta alla promozione, e le fonti d’informazione distinte dalle fonti di promozione) è il secondo diritto. La privacy il terzo. Di questi tre diritti le organizzazioni dei giornalisti debbono rendersi garanti. Ma la funzione di garanzia tocca soprattutto al singolo giornalista e ne è anzi l’elemento costitutivo. È la funzione di garanzia nei confronti del lettore, e non questa o quella (necessaria) competenza tecnica che distingue chi è giornalista da chi non lo è. Essa distingue, in particolare, il giornalista dall’operatore dell’informazione per conto delle imprese.
8. Le figure professionali specifiche a cui dare dei nomi. Chi deve farlo? In questo momento, di fatto, lo stanno facendo le imprese. Se lo facessimo noi giornalisti sarebbe meglio (ieri: il reporter, il writer, l’inviato, il deskista…). Non tanto per un fatto sindacale quanto per difendere una cultura.
9. L’accesso alla professione – ma quale professione? Anche qui: di fatto, chi decide? Al tempo delle “radio libere”, dei meccanismi precisi alla fine hanno prodotto i berlusconi. È il caso di aspettare che si formino (se non si sono già formati) i webbusconi?
(La Catena di San Libero, 16 aprile 2000)