Sono a Liverpool, alla conferenza del Labour Party, la prima per me. Partecipo come delegata di Hackney North e Stoke Newington.
Martedì sono riuscita a intervenire portando la voce della comunità di Hackney, fatta di gente perbene che lavora, ma stanca del pregiudizio dei mass media, e preoccupata per l’impatto dei tagli del governo Cameron.
Lunedì invece abbiamo presentato Fabiana in un fringe event, organizzato dalla Fabian Society alla Town Hall di Liverpool. Occasione per discutere del ruolo dello Stato, uno degli argomenti più frequenti nel dibattito politico inglese attuale. Se infatti il governo New Labour di Tony Blair era caratterizzato dal liberismo economico, addolcito da grossi programmi statali di investimento nel welfare, la Gran Bretagna è rimasta un paese con grande disuguaglianza e divario sociale. Per questo il ‘Fabianismo’, la rielaborazione del pensiero socialdemocratico moderno della Fabian Society, così come gli altri movimenti dentro il partito, si stanno interrogando su come ridisegnare il welfare attraverso democratizzazione, localizzazione e mutualismo.
Martedì pomeriggio il leader del partito Ed Miliband ha parlato ai delegati e alle migliaia di persone che sono qui, in una città stranamente calda e assolata.
Alla guida del partito da un anno, Ed Miliband ha avuto il merito di prendere posizioni serie e coraggiose su temi difficili, come ad esempio lo scandalo delle intercettazioni (phone hacking), denunciando la connivenza dello stesso Labour Party con Rupert Murdoch. Ha potuto farlo perché è un leader nuovo, capace di riconoscere i limiti, insieme ai meriti, del laburismo di Tony Blair e Gordon Brown.
Ed Miliband ambisce a ridefinire i confini di una sinistra moderna, e a mio parere lo sta facendo con passione, capacità e coraggio. E quel che accade qui credo possa essere stimolo per la sinistra europea.
Non c’è molto di liberal nel discorso di Miliband. Come ha detto lui stesso, lui non è né Blair né Brown. E l’applauso di alcuni, scaturito quando ha pronunciato quelle parole, così come lo stupore degli altri di fronte a quell’applauso, dimostrano quanto siano polarizzate le opinioni sul New Labour di Blair e sulla sua eredità.
Non c’è molto di liberal, dicevo, tranne forse all’inizio, quando ha commentato: “It’s 2011, get over it!”, per fare una battuta sul matrimonio con la sua compagna, avvenuto quando la coppia già aveva due figli, essendo stato messo in croce per mesi per questa ragione dalla stampa conservatrice.
Il resto del suo discorso può essere descritto come la ricerca della missione (the promise of Britain) capace di tenere insieme un paese: sostegno alla piccola impresa, investimenti sul manufatturiero, politica seria per l’apprendistato, investimento sull’istruzione e un nuovo patto tra i cittadini e lo Stato.
Consapevole che la situazione economica è drammatica, Miliband non ha fatto promesse da opposizione: non ha detto che, una volta al governo, farà marcia indietro su tutti i tagli effettuati dal governo conservatore. Ha proposto invece un nuovo patto per il welfare, basato sulla responsabilità e sulla dignità delle persone, ritenendo che solo un welfare moderno possa consentire ai cittadini di liberare le proprie energie e creare opportunità.
Ha attaccato profondamente l’avidità del mondo della finanza, dove i manager continuano a guadagnare salari astronomici nonostante siano state proprio le speculazioni finanziarie a consegnare il paese alla crisi economica. E non ha nascosto le responsabilità dello stesso New Labour, che ha permesso una crescita sregolata della finanza.
C’è bad capitalism e good capitalism ha detto Miliband, e lui ambisce a costruire il secondo.
Il manifesto di Miliband, prima di essere una lista di cose da fare, è una chiamata popolare, un risveglio delle coscienze, un appello rivolto al paese perché trovi la sua vocazione e si identifichi in una nuova etica pubblica. Un’appello rivolto a tutti, inclusi coloro che hanno votato il governo attuale, inclusi i conservatori, delusi dalla mancata azione riformatrice e modernista che Cameron aveva promesso.
Questi a Liverpool sono giorni intensi. La conferenza del partito è affiancata da centinaia di dibattiti, dove si discute di politica. Fringe event promossi da think-tank e organizzazioni, che costituiscono l’occasione per confrontare le idee e scambiarsi opinioni.
Come è ovvio in un grande partito, ci sono molte idee, anche contrastanti. Ma quel che conta è la chiarezza della visione: un partito che sta dalla parte della gente che lavora, la quale vive sulla propria pelle le conseguenze della crisi e dei tagli spregiudicati del governo. Della gente che, pur mettendo tanto di sé nella comunità, nel lavoro, nelle famiglie spesso ottiene in cambio troppo poco.
Una nota più personale… ancora non riesco ad abituarmi a un uso così incessante di Twitter! In pratica la conferenza si svolge in parallelo agli scambi di tweet tra delegati, membri del partito e anche giornalisti. Per adesso non riesco a twittare durante un discorso, ma imparerò…
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