Il regime delle cricche e dei prosseneti, delle macerie e delle menzogne, ha deciso l’assalto finale contro le libertà repubblicane e l’abc di ogni convivenza democratica: l’autonomia del giornalismo e della magistratura. Il compagno di merende di Gheddafi ha dettato anche i tempi per il golpe che vuole imporre guinzaglio alle procure e mordacchia all’informazione: non più di quaranta giorni. In un mese o giù di lì – se quanto resta di civile in Italia non saprà reagire con immediata e vincente vitalità – diventerà legge dello Stato la picconata anticostituzionale che renderà l’Italia sempre più assuefatta alla tossina totalitaria. Berlusconi ha dalla sua un Parlamento ormai omertoso (è l’unico aggettivo adeguato, dopo il voto che ha salvato un ministro in odore di mafia), e l’assuefazione, appunto. Dell’opinione pubblica e delle cariche istituzionali che dovrebbero, in una liberaldemocrazia, “fare equilibrio”.

Infatti, solo l’impegno eccezionale e tuttavia inesausto, e soprattutto congiunto e intransigente, dei cittadini nelle piazze e sul web, delle testate giornalistiche refrattarie o alla corriva “equidistanza” che manda il regime in brodo di giuggiole, delle più alte istituzioni di garanzia – Presidenza della Repubblica e Presidenza della Camera – può fermare uno sfregio che ci piomberebbe nella melma del fascismo soft.

E invece, la gravità del rischio non sembra essere percepita. Al punto che il ministro Nitto Palma, che Berlusconi ha voluto come suo complice alla Giustizia, può spiegare sul Messaggero che la legge contro magistrati e giornalisti dovrebbe essere ancora più dura. E può permettersi ammiccanti riferimenti a immaginarie preoccupazioni del Quirinale per le intercettazioni (non per la cloaca che rivelano: un premier che propizia nomine e appalti miliardari, fino a regalare motovedette armate a Stati esteri, secondo i desiderata di Lavitola e Tarantini, in cambio del procacciamento di prostitute e relativo silenzio o spergiuro) e a un’opposizione che giudicherebbe il suo operato “serio ed equilibrato”.

Opposizione che farebbe bene a riconoscere come imperdonabile errore la proposta di legge sulle intercettazioni avanzata dal governo Prodi tramite il ministro Mastella. Altrimenti la contrarietà alla legge berlusconiana sarà svilita dal tanfo dell’opportunismo.

Il regime putiniano di Arcore punta sulla stanchezza della “guardia” repubblicana: cittadini, giornalismo, cariche istituzionali. Prima che sia troppo tardi, ognuno faccia la sua parte per dimostrare che ha sbagliato i conti.

Il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2011

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