1.210.046. È questo il numero dei cittadini italiani che in due mesi hanno firmato per proporre un referendum che abolisca il porcellum. Una media di più di 20 mila persone al giorno si sono recate ai banchetti per firmare.
Chissà cosa ci vuole ancora. Di cosa ha bisogno questa classe politica che occupa indebitamente le nostre istituzioni per capire che è finita la pacchia? Non li vedono? Sono così ciechi da non accorgersi che un popolo di ventimila persone che per 60 giorni, ogni giorno, si ferma davanti a un banco per apporre la sua firma non è il caso, non è un passatempo, non è una masturbazione mentale?
Le immagini non sono quelle spettacolari di piazza Taharir in Egitto o di altre rivoluzioni in giro per il mondo. Certo, c’è stato il lo sciopero della Cgil a settembre, ci saranno altre occasioni in queste settimane. Ma quelle firme, quel milione e passa di cittadini urla ai politici che adesso basta, che di fronte all’irresponsabilità di pochi nominati il popolo risponde con la responsabilità di un nome di un cognome che chiede di riavere la democrazia popolare piena.
Quelle firme, quell’onda popolare dice che è ora di cambiare. I politici degni di questo nome se ne devono accorgere, non possono essere sordi e ciechi. Quanta aria fresca, quanto popolo. Quanta voglia di aria fresca e di novità traspira da quelle firme. Rabbia composta e matura, che chiede civilmente di tornare ad avere una matita in mano che ci hanno spezzato da troppo tempo.
È un caso di richiesta di diritti fondamentali. È un preavviso di sfratto per chi si è dimenticato di noi, per chi ha trasformato la politica da arte nobile a ruberia di polli, a interessi particolari. È una grande parte di Italia che si trasforma in avanguardia. Che vede lontano. Alla politica una delle ultime occasioni per dimostrare che ancora esiste.
A casa! A casa! A casa! Di fronte ad incapaci che tremano al timone della nazione, navigando a vista nei mari mossi di una crisi economica enorme, di fronte a una politica staccata totalmente dalla realtà, il grido che esce da quegli scatoloni pieni di firme è: l’Italia c’è e vuole la parola… è ora di dargliela, al più presto!